“ L amore tra noi non è un letto o un vestito sexy! E molto, ma
molto di più! Non siamo diventati così perchè ci siamo incontrati, lo eravamo
già prima! L incontro ha solo fatto detonare un micidiale esplosivo che era
dentro di noi! Allora due spiriti che già invocavano questo tipo d amore, non
hanno creduto esistesse per davvero! E ora non vivono se non pensando all
altro! L altro è la speranza, la vita, il desiderio, la felicità! L altro è l
altro, l assolutamente speciale che solo per il fatto di esistere ci rende
felici, sicuri, appagati! La singolarità sta nel fatto di avere nelle mani l
amore come nei sogni, ma perfettamente svegli! “ GV
Probabilmente,
il rapporto numerico tra uomini e donne (circa 6:1), la posizione geografica e
socio-culturale dell’antica Grecia possono aiutare a capire i liberi costumi sessuali
di questo popolo la cui civiltà è posta ad esempio.
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Anche
alcune scuole di pensiero, come l’ Edonismo
o i grandi filosofi, come Epicuro, ci
vengono in aiuto per meglio comprendere questa grande civiltà.
Per
la maggior parte dell’anno gli uomini lasciavano le isole dell’Egeo per
dedicarsi alla vita militare e al lavoro e forse per questo si affermò l’omosessualità maschile e
femminile. Ma, considerato che le isole erano densamente abitate, tale
pratica non influenzò minimamente la virilità degli uomini e la femminilità
delle donne e quindi la prolificità, tanto
meno il sentimento amoroso o la passione se
si considerano i numerosi testi e poemi amorosi dell’epoca.
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Ad Atene, l’uomo era libero di esprimere i
propri istinti e le proprie passioni e mentre l’omosessualità maschile era
vista ”impudicamente” come un’espressione della sua virilità, quella femminile
era considerata una forma di corruzione
e di deviazione. Qualcuno afferma che la Grecia giustificò, talvolta,
l’amore omosessuale con originali teorizzazioni filosofiche e artistiche che nell’antica
Roma, più materialista, per esempio, mancarono.
Il fallo,
spesso in forma di erma (pilastro di marmo o bronzo, con testa di Ermes e organi genitali maschili) era un oggetto di culto come simbolo di
fertilità, mentre un’idea della sessualità femminile da parte degli
uomini era che esse invidiavano il loro pene.
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La bellissima dea dell’Amore (e
del sesso) Afrodite era nata dalla spuma
provocata dalle onde del mare in cui erano stati gettati i genitali di Urano, evirato dal figlio Kronos. L’Amore inteso come sessualità era visto, quindi,
come qualcosa di irruento ma che tendeva al “bello”. Bello non solo da un punto di vista di
istinti e di sensi ma, fisico e spirituale prima di
tutto. Bello inteso come “bene” e “armonia” e la figura dell’efebo, corpo
acerbo in cui si fonde il meglio dell’incipiente bellezza maschile e femminile, ne era la
rappresentazione per eccellenza. Da un punto di vista spirituale, questo era il
motivo che spingeva l’uomo verso il “nobile” efebo mentre quest’ultimo trovava
nell’uomo un maestro, una guida ed un amico, oltre che un amante.
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Aristofane diceva che “solo i migliori e più
virili fanciulli godono
abbracciare e giacere con gli uomini in quanto loro simili”, per poi
farlo loro stessi una volta divenuti adulti.
Anche
se si dice che le penetrazioni anali fossero considerate, comunque, rozze e
volgari. I primi documenti riguardanti
relazioni omosessuali derivano, difatti, da rapporti pederastici
ovvero da rapporti, anche affettivi, tra un adulto (erastes) ed un ragazzo (eromenos), entrambi
ispirati dall’amore simboleggiato da Eros, dove l’erastes offriva istruzione, consigli e
regali al suo eromenos, che in genere diventava suo alunno e assistente. Nell’antichità le
relazioni pederastiche non coinvolgevano bambini, ma solo giovani ragazzi (di circa 12 anni) e quindi il termine pederastia non va confuso con pedofilia.
D’altronde, per i greci, lo sperma era
una fonte del sapere e della conoscenza. Mentre i rapporti pederastici erano
quasi un istituzione, i rapporti omosessuali tra uomini adulti erano appena
accettati e non favoriti. Aristofane con le sue opere esaltò anche la
prepotente eterosessualità del suo popolo, eterosessualità che, comunque,
prevaleva sull’omosessualità. Sebbene la posizione delle donne, in una società gestita da soli uomini, era subordinata, esse facevano sentire la loro voce
rivendicando il loro ruolo; si pensi alle figure di Lisistrata
e Prassagora che rivelano la presenza di una sorta di movimento
“femminista” già a quei tempi.
Oltre questi due principali aspetti della
sessualità, ai tempi dei greci erano conosciute anche altre manifestazioni di
sesso da noi classificate come perversioni. Alcune di queste erano la zoofilia (atti sessuali con gli animali), l’incesto (sesso tra consanguinei), la scopofilia o voyeurismo
(eccitamento nell’assistere ad un atto sessuale) o il narcisismo
(attrazione per il proprio corpo) di cui la mitologia greca ci da per ognuno di
essi alcuni esempi. E anche l’autoerotismo (masturbazione)
doveva essere una pratica molto diffusa
che accompagnava i ragazzi fin dall’adolescenza, ma anche dalle donne che facevano largo uso di falli artificiali, realizzati da sapienti artigiani.
Molto diffusa era inoltre la prostituzione se si pensa al simposio, ovvero il banchetto alla fine del quale
si svolgevano spettacoli “a luci rosse” che
si ispiravano a scene della mitologia.
Non mancavano bordelli dove le schiave venivano fatte prostituire e col
cui ricavato si costruivano perfino opere pubbliche come il tempio di Afrodite.
Il matrimonio, che era una istituzione sociale di unioni libere, avveniva solo
in età matura, mentre il mero
rapporto sessuale veniva ricercato al di fuori della famiglia e questo
spiega le frequenti nevrosi nell’ambito familiare e l’immagine delle mogli come
bisbetiche ed aggressive di cui la moglie di
Socrate ne è un modello. In
proposito Ippocrate diceva che: “l’utero, se
non impregnato dallo sperma
abbastanza frequentemente, provoca un reflusso sanguigno nel resto del
corpo delle donne dando origine a quella malattia chiamata isteria, che si guarisce con il matrimonio
sessuale”. Per i greci non esisteva un sesso debole per natura, i soldati in
Grecia restano uomini, e agli uomini spetta l’autorità nella famiglia, il
potere di comandare nella politica, l’organizzazione stessa nella società e
tutto quanto concerne il sesso.
Questa organizzazione prevedeva la distinzione
tra un livello familiare, nel quale la sessualità era socialmente indirizzata, e un
livello di rapporti extraconiugali,
nei quali la sessualità era orientata al puro piacere. Per questo motivo la
prostituzione era necessaria e accettata, con varie
classi di prostitute, da quelle di strada a pagamento a quelle consacrate, come le
migliaia presenti nel tempio a Corinto. Lo stupro,
almeno in un contesto bellico, era accettato dal momento che era d’uso comune,
come in molte altre civiltà barbariche nei secoli a venire, stuprare le donne delle
popolazioni sottomesse come un diritto di dominazione. Sembra, in definitiva, che ogni
manifestazione sessuale ispirata dai personaggi dell’Olimpo la si ritrovasse
poi nel comportamento dei greci. D’altra parte, proprio questa pan-sessualità
ha facilitato, attraverso tutti i suoi aspetti artistici e letterari, la
diffusione della cultura ellenica nel mondo. Da sottolineare, infine, come i comportamenti sessuali più remissivi dei Spartani e quelli più democratici e permissivi
degli Ateniesi abbiano portato a due strade
diverse.
Ad una decadenza economica e alla sterilizzazione della cultura nei
primi e al rifiorire della
cultura e all’aumento
della popolazione nei secondi, con unione delle classi sociali e alla
creazione di misure collettive di protezione per la famiglia e per la società
che poi, malauguratamente, degenerò per ragioni politiche e militari. Nella
Grecia antica la prostituzione era legale e moralmente accettabile. Gli antichi
davano infatti per scontato che i vincitori di ogni
battaglia avessero il diritto di catturare e schiavizzare il maggior
numero di persone che potevano reperire nella zona conquistata. Molte erano
dunque le donne prigioniere che venivano vendute all’asta per essere poi messe
a lavorare nei bordelli.
A seconda dell’età, dell’aspetto, della personalità, ma anche del talento
personale (e della fortuna), esse potevano diventare prostitute di diverso
tipo. Le meno fortunate erano le prostitute
(pornai) che facevano questo mestiere per potersi procurare il cibo. Queste
si offrivano nelle tante locande del Pireo, mentre le più fortunate erano le etère (etàirai, che in greco antico significa “compagne”). Le etère
erano donne istruite e, a differenza delle
donne “rispettabili”, tenute nell’ignoranza e poco
considerate, a livello familiare, sociale, culturale e legale, queste
erano spiritose, abili nella conversazione ed anche ottime compagne e consigliere per gli uomini.
Peraltro le etère erano
le sole donne, nell’antica Grecia, che avevano il diritto di amministrare da
sole il proprio denaro. Luciano
di Samosata (II sec d.C.) così descrive un’etèra: “Prima di tutto è
curata ed elegante. E’ allegra con tutti, ma non ride fragorosamente … Sorride
in maniera ammaliatrice, poi tratta gli uomini con abilità, senza
ingannare quelli che le fanno visita o che la portano a casa loro, né si offre
senza essere sollecitata. Nei banchetti a cui viene portata fa attenzione a non ubriacarsi … E a non
buttarsi sul cibo in modo indecente. Parla solo se necessario, non ride dei
commensali, guarda solo
colui che l’ha pagata. Per questo la desiderano
tutti. Quando è il momento di andare a letto con lei non si mostra né troppo
disponibile, né indifferente, cerca solo di rendersi
gradevole al suo amante e di conquistarlo”.
La
maggior parte delle etère riceveva
gli uomini nella propria casa durante il giorno, mentre la sera
partecipava alle riunioni maschili (simposi), dove le mogli e le figlie non erano ammesse. In
questi banchetti si mangiava, si beveva e, insomma, si dava soddisfazione allo spirito e al corpo. Un simposio
poteva essere, a seconda delle circostanze, una elitaria riunione filosofica o un’orgia sfrenata (i dipinti nei vasi ci mostrano le
etère nei simposi nude o succintamente vestite, mentre suonano il flauto o
danzano). Sappiamo che nel IV secolo a.c. ad Atene era stato stabilito un
prezzo massimo di due dracme per un
intrattenimento serale. Ciò era più di quanto guadagnava un lavoratore maschio
per un giorno intero di lavoro. C’erano poi
degli “extra” per le prestazioni sessuali ed infatti Ateneo
di Naucrati ci dice che era consuetudine che a fine serata vi fosse una
sorta di asta di queste ragazze, al miglior offerente. Spesso le etère trovavano un uomo potente
che le prendeva sotto la
loro protezione. E’ il caso di Aspasia di
Mileto (470-400 aC), compagna
di Pericle, uno dei padri della democrazia ateniese. Malgrado fosse
donna e non ateniese di nascita, riuscì ad inserirsi nella società che contava,
grazie alle sue doti di
sapienza e di astuzia, come ci racconta Plutarco.
Dopo molti anni di convivenza, Aspasia riuscì anche a farsi
sposare dal generale ateniese, con il quale ebbe un figlio. Se per caso
state pensando che, da allora, poco è cambiato, sono perfettamente d’accordo
con voi … !