Innamorarsi è l'esperienza più
straordinaria e coinvolgente nella vita di una persona.
Perché scatena una tempesta nella mente e nel corpo, legata alle complesse reazioni biochimiche che avvengono nel sistema nervoso centrale. Senza però negare la magia e il mistero del più importante dei sentimenti |
Un bambino con le ali dall'aria
furbetta ma inoffensiva, che si diletta a tirare frecce e a combinare pasticci.
Questa è la rassicurante immagine che di Eros, il dio dell'amore, hanno dato
gli artisti nel corso dei secoli. Ma se andiamo a scavare più a fondo nel mito,
scopriamo che il dio Eros era legato al concetto di caos. Altro che marachelle
innocenti di un angioletto paffuto: quando Eros colpisce, può creare e
distruggere. Provocare tempeste e uragani, oppure portare il sereno e la pace. Ma una cosa è certa: dopo averlo
incontrato, niente resta come prima. Non possiamo negarlo. L'amore è
l'esperienza più straordinaria e intensa della nostra vita. Eppure per molto
tempo la scienza si è rifiutata di analizzare questo fenomeno nella sua
globalità. Certo, si sono moltiplicati gli studi per sezionare i meccanismi
biologici della sessualità. Ma nessuno aveva osato entrare nel territorio
proibito del sentimento, spirituale ed etereo. Come se le emozioni fossero entità
misteriose, totalmente staccate dal corpo, rinchiuse in qualche angolo
recondito di un'anima altrettanto segreta e impalpabile. Negli ultimi anni,
grazie ai progressi delle neuroscienze, ci si è accorti che in realtà emozioni
e stati d'animo dipendono da precise reazioni biochimiche che avvengono nel
nostro corpo grazie alla presenza dei neurotrasmettittori,
sostanze che permettono alle cellule nervose, i neuroni, di comunicare tra
loro. Anche se la scintilla che dà il via a una storia d'amore resta ancora un
mistero. Tutti conosciamo i primi, inequivocabili sintomi che ci segnalano che
Eros ha fatto centro. Il cuore accelera, lo stomaco sembra pieno di farfalle
impazzite; e poi il tremore alle gambe, il respiro affannoso e le
pupille dilatate, chiaro segno di interesse e attrazione. "Sono
gli effetti dell'adrenalina, neurotrasmettitore
prodotto dal surrene", spiega Luciano Martini,
direttore dell'Istituto di endocrinologia dell'Università di Milano. E il
sudore alle mani? La bocca secca per l'emozione? Tutta colpa della noradrenalina, altra sostanza originata dalle ghiadole
surrenali. Il senso di
benessere che si prova accanto al partner è invece da attribuire alle endorfine, molecole prodotte dal cervello e dalla
ghiandola dell'ipofisi, responsabili dell'effetto euforizzante dell'amore. Che
ci fa dimenticare persino di mangiare e dormire, e non ci fa sentire la fatica.
"Non per niente, questi ormoni vanno di pari passo con quelli dello stress
o Acth", aggiunge Martini. "Ogni molecola di Acth fa secernere anche
una molecola di endorfine". L'aspetto più impulsivo e passionale dell'amore si può ricondurre
invece alla dopamina, il
neurotrasmettitore responsabile dei meccanismi di rinforzo nel cervello, cioè
la capacità di gradire qualcosa e di ripetere il comportamento che procura
piacere. La dopamina,
infatti, è anche legata ai fenomeni di dipendenza da fumo, alcol e sostanze
stupefacenti. Come dire, l'amore è una droga. L'ordine che la dopamina
impartisce al cervello è categorico: "Desidera". L'ipotalamo, una
porzione del cervello localizzata nella sua parte più interna, ordina allora al
surrene di produrre adrenalina, la "molecola dell'agitazione". E la
bufera ricomincia. Per fortuna che c'è la serotonina,
il neurotrasmettitore che contribuisce a mantenere stabile il tono dell'umore. È
anche grazie a questa sostanza che riusciamo a conservare l'equilibrio
psicologico malgrado quella tempesta di ormoni ed emozioni che chiamiamo amore.
L'azione dei neurotrasmettitori permette all'ipotalamo di comunicare con l'ipofisi,
la ghiandola che secerne l'ormone luteinizzante o Lh. Il quale a sua volta
controlla sia l'ovulazione, sia la produzione degli spermatozoi. E se anche non
siamo consapevoli di questi complicati meccanismi biochimici, non possiamo
certo ignorarne gli effetti. Vale a dire quelle reazioni così intense - spesso
contrastanti tra loro - che
ci fanno capire di essere perdutamente, disperatamente, meravigliosamente
innamorati. Studiare i sentimenti ignorando quello che avviene nel corpo
è impossibile, e questo principio vale per la semplice attrazione fisica, per
il classico colpo di fulmine o per il grande amore destinato a durare tutta la
vita. Persino il senso di identità sessuale, alla base dell'innamoramento, è da
ricondurre a reazioni biochimiche a livello del sistema nervoso centrale. "Il cervello nasce sempre "femmina"",
dice Luciano Martini. "Diventa "maschio" quando il
testicolo secerne un ormone chiamato testosterone. Ma questo non basta. Il
testosterone deve essere sottoposto a un altro processo, da parte di enzimi
prodotti dal sistema nervoso centrale e chiamati aromatasi. Che trasformano il
testosterone, maschile, in estrogeni, ormoni femminili. Sono loro,
paradossalmente, a permettere la coincidenza tra organi genitali e identità
sessuale maschile". Che si rafforza con l'educazione nei primi anni di
vita e successivamente guiderà l'individuo nei suoi rapporti con l'altro sesso.
"È questo a differenziare l'uomo dagli animali, che vengono spinti nella
scelta del partner e nell'accoppiamento soprattutto dall'olfatto", osserva
ancora Martini. "I mammiferi, in particolare, sono dotati dell'organo
vomeronasale, che si trova su entrambi i lati del setto nasale, in cima a un
osso chiamato, appunto, vomere". Su questa struttura si trovano i
recettori dei feromoni, composti chimici con i quali
gli animali comunicano le loro intenzioni di accoppiarsi. Succede
qualcosa di simile anche nell'uomo? Forse anche noi ci innamoriamo di una
persona perché la riconosciamo dall'odore? Negli esseri umani la presenza dell'organo
vomeronasale è stata a lungo negata. In realtà esso è presente in buona parte
degli individui, e per giunta dotato di tutti i suoi recettori. Nessuno, però,
è riuscito a trovare in questo organo il cilindrasse, o assone, cioè il canale
sul quale viaggiano tutti gli impulsi emessi da una cellula nervosa e diretti
al cervello. Insomma, per quel che ne sappiamo, l'organo vomeronasale umano è
un telefono scollegato. Peccato, perché la sua presenza avrebbe potuto
spiegare, almeno in parte, i motivi per i quali due persone si piacciono, si
corteggiano e alla fine si innamorano. Gli odori che colpirebbero, senza che l'individuo ne sia consapevole, i
recettori dell'organo vomeronasale non sono gli stessi captati dall'epitelio
nasale vero e proprio. Non solo. La sensibilità di questo organo così
controverso dipenderebbe anche dal sesso. Negli uomini si "ecciterebbe" se stimolato con
sostanze prodotte dal corpo femminile; nelle donne, viceversa, sarebbe particolarmente sensibile
ai feromoni maschili. Tanto che questa ipotesi ha fatto volare, peraltro
a sproposito, la fantasia di alcuni produttori di profumo, che qualche anno fa
hanno annunciato di aver inserito nelle formule dei loro prodotti anche i
feromoni. Come se questi potessero svolgere un ruolo di "persuasori
occulti" nei confronti dell'altro sesso, inviando sottili ma irresistibili
messaggi subliminali. "Ma si trattava solo di trovate pubblicitarie",
dichiara Martini. "Perché non ci sono prove che nell'uomo l'organo
vomeronasale, oltretutto assente in alcuni individui, sia attivo". Cosa
succede se dai recettori sensoriali esterni ci addentriamo nel sistema nervoso
centrale? Scopriamo subito che le aree del cervello che controllano
l'affettività e l'organizzazione delle emozioni non sono nella corteccia, cioè
la parte più esterna, quella che permette l'elaborazione del pensiero. "Si
tratta al contrario delle regioni più interne e "antiche" dal punto
di vista evoluzionistico", spiega Costanzo Gala,
psichiatra e responsabile del Servizio di psicologia medica del Policlinico di
Milano. "Le zone degli affetti e degli istinti si trovano infatti nel sistema limbico, nel talamo, ipotalamo e ippocampo, cioè le strutture che conservano gli
"imprinting" (le reazioni automatiche) che abbiamo in comune con gli
animali". Gli impulsi elettrici inviati da queste aree del cervello
alla ghiandola ipofisi si traducono poi in scariche ormonali, del tutto
autonome dalla nostra volontà. "Per capire quanto siano delicati e
complessi questi meccanismi, basta pensare che nel sistema nervoso i centri del
dolore e del piacere sono gli stessi. Come se il cervello, di volta in volta,
scegliesse i "contenuti" con cui riempirli", dice Giorgio Abraham, docente di Psichiatria all'Università di
Ginevra e sessuologo. L'uomo, però, ha anche sviluppato la corteccia
cerebrale (la parte esterna dell'encefalo), grazie alla quale elabora le
emozioni elementari e costruisce i pensieri. Nella corteccia frontale, per
esempio, ha sede la capacità - tipica di chi è innamorato - di proiettarsi nel
futuro ricavandone sensazioni piacevoli. "Ma il nucleo della vita psichica
resta l'affettività", sottolinea Gala. "Grazie alle tecniche
diagnostiche più recenti, che ci permettono di "guardare" dentro al
cervello, sappiamo che i farmaci antipsicotici, assunti da malati con gravi
disturbi del pensiero, vanno a depositarsi e ad agire proprio nelle aree delle
emozioni, per esempio il sistema limbico e talamico. Questo significa che la cognizione, cioè il modo di
organizzare e interpretare la realtà, è governata dai circuiti affettivi prima
ancora che dalla corteccia cerebrale. Quindi il pensiero funziona meglio
se è accompagnato dall'emozione. La stessa parola
"ricordare", che indica una funzione cognitiva, letteralmente
significa proprio "riportare al cuore"". Pensiero e
affettività, emozione e percezione, insomma, procedono di pari passo.
"Perché l'amore è l'incontro tra Eros e Psiche, tra il principio maschile,
fisico, del desiderio e quello femminile, spirituale, dell'anima e
dell'intimità psichica", spiega Alberto Bimbi,
psicologo e psicoterapeuta. Ansie, tumulti ed estasi. Amarezze e
delusioni. Paure, fughe e minacce. È questo il percorso obbligato di ogni
relazione di coppia. "E non è neppure così difficile prevedere il punto di
arrivo", dichiara Giorgio Maria Bressa, psichiatra
e psicoterapeuta. "Perché
le basi di un rapporto si gettano con le prime 50 parole scambiate tra due
persone. Tutto si gioca nei primi cinque minuti di comunicazione, o di silenzio.
Nei messaggi verbali e in
quelli non verbali". È in questa fase che si creano i ruoli e le
attese reciproche. Se una persona ne conquista un'altra grazie alle proprie
capacità dialettiche o se invece la seduce con un atteggiamento misterioso, le
dinamiche di coppia saranno molto diverse. Nel primo caso, l'individuo tenderà
ad adottare anche in futuro un atteggiamento estroverso, nell'altro continuerà
a mostrarsi sfuggente. Senza però considerare che, in determinate situazioni,
il partner può aspettarsi o desiderare comportamenti diversi. "Per questo
i momenti di crisi possono essere capiti rifacendosi ai momenti iniziali di una
relazione. Le "prime 50
parole" sono insomma un capitale da recuperare nei momenti difficili,
quando non si riesce più a
parlare lo stesso linguaggio". Reazioni biochimiche analizzate fase
per fase. Storie di coppia scomposte in fotogrammi come se si trattasse di un
film. "Ma spiegare la dinamica delle emozioni non significa svelare
l'essenza dell'amore", sottolinea Giorgio Abraham. "Da cosa
scaturisce quella scintilla che cambia il corso della nostra vita? Perché
scegliamo proprio quella persona e non un'altra? Ci guida un istinto innato,
scritto in una specie di "inconscio biologico", o qualcosa che si
apprende con l'esperienza e l'educazione?". Per il momento il gene dell'amore
non è stato scoperto e forse è meglio così. L'animo umano conserva ancora il
mistero e la magia che da sempre ispirano i poeti e gli artisti. E tutti noi
possiamo ancora permetterci di sognare sulle note di una canzone romantica. Come quella di Luca Carboni:
"Ma l'amore che cos'è, beato chi lo sa capire... Ma l'amore cosa fa, io so
che mi fa morire".
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