La società americana,
col passare degli anni, è diventata sempre più volontarista.
Il volontarismo non è una filosofia, è un modo di pensare, un principio logico
che noi troviamo in quasi tutti i prodotti della cultura statunitense. Esso
parte dal presupposto che la gente può sempre definire chiaramente ciò che
desidera, per cui il problema diventa solo quello del come ottenerlo. Nel volontarismo il fine non è un problema, è problema solo
il mezzo.
L'idea centrale del volontarismo proviene
dall'economia capitalistica. Nell'universo economico il fine è chiaro:
massimizzare il profitto. Ogni altro fine non può
neppure essere preso in considerazione, è irrazionale. In una
transazione economica tutti devono cercare di guadagnare. Dovunque vale la
regola del costo-beneficio. Questo è possibile perché esiste una misura comune
del valore, il denaro. E il denaro che rende comparabili oggetti, servizi,
prestazioni, piaceri eterogenei. Volendo applicare il principio della
massimizzazione, la prima ed indispensabile cosa da fare è stabilire il fine.
In economia il fine è dato.
La società americana ha applicato questo tipo di
categorie economiche a tutti gli ambiti vitali. Anche alle relazioni
interpersonali, anche all'erotismo, anche ai sentimenti. Perciò l'imperativo
categorico della società americana, quello che sta dietro ogni azione, ogni
pensiero, ogni scelta è: fissa
il fine, stabilisci che cosa vuoi! Una volta stabilito il fine predisponi i mezzi organizzativi,
tecnici, finanziari più idonei a raggiungerlo.
Applichiamo il principio agli omosessuali. Che cosa
desiderano gli omosessuali? Fare all'amore con altri omosessuali. Benissimo.
Allora si riuniscano fra di loro. Vadano a vivere nello stesso quartiere così
potranno fare all'amore finché ne hanno voglia. Che cosa desiderano invece le coppie sposate? Non
essere minacciate dagli scapoli, dai divorziati. E allora li lascino fuori dal
loro ambiente, non li invitino ai loro party. Che cosa desiderano, infine, le
persone non accoppiate? Incontrarsi, cercare l'anima gemella, oppure fare
all'amore. Allora si uniscano agli altri singoli e facciano tutte queste cose. Ci saranno bar dove cercare la
compagna per una notte, altri dove trovare l'anima gemella. Come in un
grande, immenso supermarket. Basta sapere che cosa si vuole, si va nel reparto
adatto e si cerca la marca migliore e al prezzo più conveniente.
Questo è il volontarismo: fissare ogni volta, fin
dall'inizio, che cosa si vuole. Vuoi essere gay, sposato, o singolo? Vuoi una
storia romantica o una esperienza orgiastica? Vuoi essere monogamo o poligamo?
Chiarito che cosa vuoi cercherai il tuo gruppo, leggerai gli appositi libri di
istruzione, e potrai ottenere il risultato.
All'opposto del volontarismo americano c'è
la concezione europea secondo cui noi non conosciamo mai bene i nostri fini. Perché abbiamo desideri in
conflitto, passioni divergenti. Il vero problema sorge perciò all'inizio. Vuoi
essere omosessuale? Allora va' a vivere in una comunità gay, dice il
volontarismo. Ma uno può
sentirsi omosessuale e, ciononostante, non accettare il modo di vita gay.
Può piacergli il quartiere in cui vive, l'ambiente umano e sociale antico,
composto, ricco della sua città. Può desiderare la compagnia di amici sposati, delle
donne, lo stimolo della loro differenza, può detestare la promiscuità. Perché deve chiudersi in un ghetto e accettarne le regole
gay? Sì, lui si sente omosessuale, ma vivere da gay, essere ossessionato
dall'erotismo, non è l'unico fine della sua vita. Ne ha degli altri, a cui non
vuol rinunciare. Il fine non è
qualcosa di pacifico, di ovvio. Il fine è un problema.
I fini non esistono preformati prima delle azioni. Si
rivelano durante le azioni. Non sono un a priori rispetto a cui tutto il resto
è mezzo. Ci appaiono. Noi
possiamo partire cercando una avventura erotica senza alcun coinvolgimento
emotivo, possiamo addirittura decidere, in un certo momento della nostra vita,
che non vogliamo più saperne dell'amore. Ma poi accorgerci, stupiti, che la semplice sessualità, la
ripetizione di incontri nuovi e superficiali ci delude, ci lascia nel cuore un
senso di vuoto. E che abbiamo bisogno di legami profondi, di sogno e di amore.
Oppure il contrario. Siamo sposati, vogliamo bene a nostro marito o a nostra
moglie, ma abbiamo, nel profondo del cuore, una inquietudine che ci fa cercare,
in ogni persona che incontriamo, colui o colei che muterà la nostra vita. Guai, però, se cerchiamo di definire
con un test questa persona ideale. Guai se ci imponiamo di trovarla entro
l'anno e di sposarla subito. Guai se applichiamo la nostra volontà a
realizzare quel sogno straordinario con un metodo razionale. Perché quello era
un sogno. La nostra ragione non conosce le radici di quel sogno, i misteriosi
bisogni del nostro cuore. Il test non ci può dire nulla su chi cerchiamo.
Seguendolo la volontà si condanna a non trovare nulla.
Secondo questa
concezione dell'esistenza, gli esseri umani non si conoscono, non sanno
esattamente che cosa vogliono. Se decidono di massimizzare qualcosa, devono
compiere una scelta arbitraria fra molte cose equivalenti. Nel mondo degli
affetti non si può applicare il calcolo dei costi-benefici. Perché i benefici
non sono commensurabili e non possono essere confrontati.
Non esiste, perciò, una tecnica delle relazioni
affettive. Non ne esiste neppure un'arte ma, al massimo, una conoscenza, un
sapere che aiuta a capire e a capirci, che aiuta ad ascoltare e ad ascoltarci.
La riflessione europea sull'amore ha perciò trovato espressione attraverso
paradossi. Il paradosso esplode quando si vuol applicare al mondo delle qualità
un ordine logico che gli è estraneo. Così si dice che l'amore è cieco perché noi non vediamo più i difetti
della persona amata. Ma,
nello stesso tempo, vede più degli altri, perché nota le qualità e le bellezze
che gli altri non colgono. Così l'amore è conquista però, nello stesso
tempo, sottomissione. L'amore è egoismo, sfrenato egoismo, eppure anche
dedizione totale. L'amore è rispetto, ma non si ferma davanti al no dell'amato.
È tremore ma anche coraggio, è prigione ma anche libertà, malattia ma anche
salute, felicità ma anche martirio. L'amore è un
continuo domandare, ma è anche trepida attesa.
L'opera più completa su questo argomento è quella di Nitlas Luhmann, L'amore come
passione. Per quanto riguarda i paradossi vedi, in particolare, le pp.
56-72.
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