E’ un paesaggio
grigio, un po' annebbiato, quasi invernale quello in cui si intrecciano le
relazioni d'amore, oggi. E si parla sempre più spesso di una diffusa incapacità
d'amare: forse perché si vuole troppo, dall'amore. Spesso di più di quello che
si è disposti a dare. E il leit-motiv ricorrente ormai da tempo, su questa tema!
Intervengono, come sempre, esperti, psicologi, sessuologi, sociologi,
specialisti dei labirinti dell'anima del corpo, delle relazioni con gli altri.
E ancora una volta ne emerge un panorama
un po' sbiadito, a tinte tiepide se non proprio fredde.
Si conferma
così quello che si dice ormai da tempo: che ognuno tende a vivere sempre più per se stesso, che
per gli altri. Anche quando gli altri sono rappresentati da una sola
persona: quella che si ama.
E con cui si è deciso di vivere la propria vita. C'è chi parla di narcisismo galoppante, con
la tendenza a vivere quasi esclusivamente in prima persona: io, io e ancora
io. E ad accorgersi degli
altri solo per usarli, in modo un po' parassitario. Anche nell'amore.
Senza dimenticare naturalmente di usare tutti gli strumenti di seduzione
necessari per intrecciare e mantenere una relazione: un'altra forma tipica di
narcisismo.
E c'è chi più
semplicemente parla di una continua frammentazione del modo di vita, e dei
ruoli sociali, che produce un isolamento sempre maggiore. Fino a trovarsi
isolati, ognuno in se stesso, anche quando si vive in due. Vite parallele, che hanno pochi
punti di incontro.
E quando ci
sono, non sempre sono veri incontri d'amore.
Senza contare il
desiderio di affermarsi, di far carriera, di emergere in qualche campo o
semplicemente di guadagnare di più: che toglie tempo all'amore. E spesso toglie anche entusiasmo, vitalità,
energia, visto che se ne è ormai quasi esaurito altrove il serbatoio.
È questo che si
dice. Si scrive. Si discute. Ed è questo che a volte capita di vedere intorno.
Ma se guardiamo dentro di noi, si è un po' perplessi. Dopo tutto l'amore è
ancora la parte più importante della nostra vita. E se non va del tutto bene,
non si rinuncia alla sua magia: cambierà, sicuramente. Andrà meglio.
Difficile vivere infatti senza amore:
nessuno si rassegna mai del tutto alla sua mancanza. E c'è sempre spazio, nella fantasia, nell'immaginazione,
nel desiderio per un sogno a cui in fondo nessuno rinuncia mai del tutto: il
grande amore.
C'è un certo timore a dire “Ti amo”
E allora è
inevitabile chiedersi: ma è proprio vero che stiamo diventando tutti incapaci
d'amare? E come evitare questa malattia? Sentiamo una voce un po' controcorrente, in mezzo a tanti
lamenti: il professar Francesco Corrao, della Società psicoanalitica italiana
di cui è stato presidente, psicoterapeuta a Roma e a Palermo.
«Oggi c'è un
certo timore nell'esprimere i propri sentimenti, le proprie emozioni», dice
Corrao. «Ma questa cautela non riflette una sfiducia nell'amore,, o uno scarso
interesse per l'altro. E piuttosto il riflesso di una incertezza più profonda,
meno visibile: che riguarda se stessi, la propria identità personale. E che si
riflette anche nella relazione d'amore».
Per amare gli altri, bisogna prima saper
amare se stessi: altrimenti si
chiede troppo dall'altro. Si
chiede addirittura una conferma di sé, come persona, proprio come fanno
i bambini che mentre annaspano fra i primi grandi sentimenti continuano ad
aspettarsi tutto da chi li ama.
Ma questo modo
infantile di vivere l'amore, rientra nel campo di una patologia degli affetti»
che non è così diffusa come sembra. Spesso le giovani coppie rivelano aspetti della personalità molto
maturi: come il senso della responsabilità, dell'impegno morale, dice Corrao. E
non sempre la ritrosia ad esternare i sentimenti è un sintomo di
disaffettività, incapacità d'amare».
Ci possono essere grandi passioni silenziose, e quiete,
che bruciano dentro e danno un continuo calore alla vita senza tanti -Ti amo e
mazzi di rose-. E senza le vampate romantiche dei grandi sentimenti che
sconvolgono la vita, come la gelosia. Sentimenti che esaltano l'amore. Ma lo
rendono difficile da vivere. Quando non si trasformano in piccole tragedie
personali, che impediscono di pensare ad altro. Di vivere anche per altro. E
allora 1'amore invece di espandere la nostra vita, la offusca, la restringe.
Osserva Corrao:
«La gelosia oggi è certamente meno diffusa di un tempo. E meno travolgente. È
una componente dell'amore, certo. Ma, quando è eccessiva, finisce per
distruggerlo: un mostro che divora se stesso, come scriveva Shakespeare. Allora
si trasforma in un sentimento negativo,
che uccide l'amore. E non sembra il caso di rimpiangerlo. Il fatto che ci sia
meno gelosia nelle giovani coppie, è semmai un'altra prova della loro maturità
affettiva».
Ma se la
gelosia sta scomparendo, in molti casi è sostituita da un sentimento ancora più
antico: l'invidia. Che si esprime soprattutto con un sentimento di rivalità.
«La competitività è ormai alla base delle nostre relazioni sociali, dice
Carrao. "E tende ad accentuarsi anche nei rapporti fra uomo e donna. II desiderio di affermarsi non si limita più alla vita esterna. Ma entra
in famiglia, nella coppia: e si esprime anche nel confronto con chi si ama.
Questo può influire negativamente sul buon accordo reciproco. Ma può anche rappresentare
un forte stimolo a migliorare. Soprattutto se questo atteggiamento competitivo -vediamo
chi è meglio dei due - non è basato sulla svalutazione del1'altro. Ma lascia
spazio alla stima e alla solidarietà.
Qualcosa non va? Parliamone...
Insieme alla
gelosia sembrano scomparire, o quanto meno attenuarsi anche altri sentimenti
negativi che in passato si insinuavano nella vita di coppia: come la
diffidenza, l'ostilità, la recriminazione continua. Sentimenti magari non
espressi apertamente. Ma che rodevano dentro. E avvelenavano matrimoni lunghi
una vita. “La tendenza oggi”, osserva Corrao, "è proprio l'opposto: quando
le cose non vanno se ne parla. E si fa di tutto per ristabilire la fiducia, l'armonia,
la solidarietà. ( ndr. ma questo non è amore - eros ! E’ agape!)
Sono le stesse basi su cui si fonda l'amicizia. E se
sembrano un po' sottotono, non tolgono smalto all'amore. E nemmeno alla grande
passione. Semmai evitano che si spenga troppo presto, come un fuoco d'artificio
che divampa nel cielo di una sola notte. Tuttavia non sembra che abbiano poi
tanta presa, questi buoni vecchi sentimenti di lunga durata, vista la precarietà
di tanti matrimoni. E il grande numero di separazioni.
Si parte con le
migliori intenzioni. Ma come si sa è proprio di questo che è lastricata la via
dell'inferno. E spesso è proprio nell'intento di salvare la coppia, di
ristabilire l'armonia, l'equilibrio, che si guarda al microscopio tutto quello
che non và. La vita in
famiglia si trasforma così in un piccolo inferno privato dove, di ogni piccola
cosa, non sfugge mai il lato negativo.
E se ne parla.
Anzi, non si fa che parlare di questo: la reciproca insoddisfazione. Per
arrivare alla fine a trasformare proprio questo amore che si cerca ogni momento
di salvare in uno stillicidio di parole, di discussioni che lo fanno naufragare.
Paradossalmente per molti è proprio questo l'effetto della “comunicazione», nella
vita di coppia, del continuo “parliamone”.
“E giusto parlare
anche di tutto quello che non va, che non ci soddisfa»,
osserva Corrao. «Ma senza un eccesso
di parole. E senza essere sempre lì, a discutere puntigliosamente ogni cosa. È
una pratica snervante, che non comunica nulla: se non una eterna scontentezza”.
E non è questa certamente la miglior forma di comunicazione, in un rapporto
d'amore. Che non ha bisogno di tante parole. Ci sono altri canali in cui
esprimersi: e li si trova facilmente. Basta rivolgere anche all'altro la
sensibilità che si ha per se stessi. Allora, invece di lamentarsi della propria
insoddisfazione viene spontaneo creare motivi di piacere, di soddisfazione: in
uno scambio reciproco, a tutti i livelli.
Il sesso è sempre una prova d'amore
Facciamo l'amore
di continuo: «tre volte
alla settimana - dice Woody Allen al suo analista nel film Io e Annie. E lei, alla sua
analista: «Non facciamo l'amore quasi mai: solo tre volte alla settimana”. Una gag divertente, che interpreta
in chiave comica il dramma della nuova incomprensione amorosa. E
registra in due battute una inversione di tendenza nel legame di coppia che in
questi ultimi dieci anni è stata oggetto di una mole vertiginosa di studi,
ricerche, indagini, convegni, dibattiti. E, naturalmente, libri: mentre l'uomo
sembra afflitto da un malinconico calo del desiderio, la donna appare sempre
più esigente. E più critica, in fatto di sesso (ndr.
L’errore è chiamare sesso l’amore): e non solo d'amore. (ndr. L’autore ha
ancora una volta diviso l’amore in due tronconi “sesso e amore” come la vecchia
dicotomia eros – agape!!!)
Ha cominciato
la sessuologa americana Helen
Kaplan, nel '79, a indicare questa curiosa trasformazione parallela e
contrastante con una poderosa indagine sulle abitudini sessuali degli
americani. Ne usciva un'immagine un po' ammaccata del maschio d'oltreoceano,
che si è subito estesa ai cugini europei, fino ad appannare anche la prestanza
virile del latin-lover
per eccellenza: il maschio italiano. Dalle ricerche degli studiosi italiani ed
europei, e in particolare dei sessuologi dell'Università di Ginevra Giorgio Abraham e Willy Pasini, l'allarme
è dilagato un po' dappertutto: dal salotto di Costanzo alle trasmissioni televisive più seguite sui
problemi di coppia, Fra moglie e marito e C'eravamo tanto amati, dove si
assiste a curiose rappresaglie fra coniugi in cui l'inefficienza del marito
viene sbandierata a milioni di spettatori, purtroppo senza la leggerezza e lo
humour di un Woody Allen.
Perché le donne
naturalmente si lamentano: come hanno sempre fatto. Anche se per ragioni
opposte di quelle che le affliggevano in passato. Non ne va mai bene una,
insomma, in fatto di amore e di sesso. Prima lui non pensava
che a quello. O almeno si dava da fare per farlo credere. E lei soggiaceva più
o meno compiacente e compiaciuta alle sue voglie». Un dovere coniugale cosi impellente, per lui, che solo
con l'emicrania, lei riusciva a sottrarsi. E a volte non bastava nemmeno
questa antica finzione. Oggi invece c'è poco a cui sottrarsi, sembra.
L'interesse per il sesso, sul fronte maschile registra quotazioni sempre più
basse al punto che gli stessi sessuologi si sono trovati un po' spiazzati in
questi ultimi anni. E anche loro puntano l'attenzione sull'altro versante della
sessuologia: gli aspetti
psicologici dell'amore, all'origine dello stesso desiderio. Che possono però sopravvivere
anche senza una costante e travolgente passione dei sensi: come l'attrazione, l'intimità,
il piacere dì stare insieme, via via fino a sentimenti un po' tiepidi, come la comprensione,
la solidarietà e l'amicizia che a molti sembrano quasi un premio di
consolazione.
E in effetti,
se si vuol credere all'ultimissima ricerca condotta da un gruppo di esperti
dell'Università La Sapienza di Roma in collaborazione con L'Aied (Associazione
italiana per 1'educazione demografica) e il Cres (Centro educazione sessuale),
viviamo ormai in un clima di astensione. Questo fenomeno, che si verifica in
modo sempre più preoccupante nelle urne elettorali non tocca più solo la sfera
pubblica, politica della vita degli italiani. Ma anche quella più intima e
privata, come sostengono gli esperti addetti a scrutare non più nelle urne del
nostro Paese, ma nelle sue camere da letto.
Un nuovo fantasma
sembra aggirarsi infatti con frequenza sempre più allarmante fra le lenzuola
dei letti coniugali: - l'ansia
da prestazione -, che affliggerebbe ormai un maschio su due. E nel
dubbio della riuscita, si astiene. Almeno evita la figura peggiore, per un uomo.
Quella di non farcela. Si spiegherebbe così anche il famoso - calo del
desiderio - maschile: una fuga davanti a una prova che ha troppe probabilità di
rivelarsi deludente.
Ma se è l'uomo
oggi a voltare le spalle a letto e magari a fingere di dormire, - l'emicrania
sarebbe un po' troppo - come reagisce la donna? A volte con indifferenza e
spirito di rinuncia: soprattutto se anche lei ha trovato passioni più
coinvolgenti. Non
nell'amante, come si potrebbe pensare. Ma nel lavoro, la carriera, gli
impegni esterni, il darsi da fare per riuscire ad emergere anche lei sul piano
sociale. Oppure se alla sera è semplicemente troppo stanca per affliggersi del
disinteresse erotico di lui.
Ma c'è anche
chi non trova affatto congeniale lo spirito dì rinuncia in questo campo. E
preferisce lo spirito di iniziativa. Per contrasto allora è lei che si dà da
fare. E cerca di dominare una situazione un po' troppo sfuggente. È questa la
reazione femminile più nuova e più diffusa, pare. Ma i risultati non sono
sempre esaltanti, se non si perdono d'occhio, nel panorama generale, le
statistiche degli astenuti, sul fronte maschile. E qui si entra nel solito
labirinto cifrato di questo tipo di ricerche, coi loro detti e contraddetti. E
i loro paradossi. Sarà proprio così? Un sano ragionevole dubbio è inevitabile,
come succede ogni volta che sono le indagini, i questionari e le relative
statistiche a dirci come va il mondo, in casa e fuori raggruppando in cifre e
percentuali esatte fino al millesimo i nostri comportamenti, le nostre abitudini.
Quello che uno dice, fa e
pensa non solo in pubblico. Ma anche nel luogo della massima intimità,
la camera da letto. Sarà proprio così, allora? Il panorama dell'amore e del
sesso oggi è davvero così desolante come ci dicono da tempo i vari esperti e ci
raccontano i mass media? Rimbalziamo la domanda al professor Giorgio Abraham docente di
psichiatria all'Università di Ginevra, che è considerato uno dei massimi specialisti europei di
sessuologia. E che su questo tema ha pubblicato diversi libri, tra cui La scienza della coppia (Lyra
Editore)
Una nuova forma di ignoranza
«È vero che in
fatto di sesso si accentuano nell'uomo i disturbi che tendono a rendere meno
semplice, naturale questa esperienza. E ad affievolire il desiderio -, dice
Abraham. «Non si tratta solo di disturbi fisici, della sfera sessuale, molto
diffusi oggi. Ma di disturbi psicologici: come appunto l'ansia da prestazione.
Che diventa più forte dello stesso desiderio. E induce 'uomo se non a
rinunciare quanto meno a diradare questa esperienza: una "prova di
virilità" non sempre facile.
Una prima scossa è stata data dall'emancipazione della
donna, che ha liberato la sessualità femminile dall'impegno procreativo. Dal sesso come dovere, non solo coniugale, ma sociale,
"demografico", si è così passati al sesso come piacere. Un aspetto
non più collaterale, secondario, in questa esperienza. II piacere è così diventato anche per la donna,
ricerca; conquista, diritto. E questo ha provocato molte nuove
insicurezze, dubbi, ansie nell'uomo.
«C'è poi l'eterna
illusione che tutto ciò che riguarda il sesso, la sua esperienza, sia in fondo
qualcosa di molto semplice, molto naturale», osserva Abraham. «Mentre la ricerca del piacere
implica un erotismo molto raffinato, complesso: che esula dalla pura fisicità
del sesso. E sconfina nella fantasia, l'immaginazione, la libertà creativa.
Richiede impegno, insomma. E oggi più che mai si tende a rifuggire dall'impegno
in questo campo: si preferì impegnarsi nel lavoro, nella carriera,
nell'affermazione di sé nella sfera pubblica, piuttosto che in quella privata
del sesso -.
Questo
disinteresse comincia presto. Dalla ricerca dell'Università La Sapienza di
Roma, di cui abbiamo riportato il verdetto più curioso e più preoccupante,
secondo alcuni, quello dell'astinenza sessuale, emergono anche altri dati
altrettanto curiosi. E preoccupanti. Come l'imprevedibile e quasi totale ignoranza degli adolescenti, in
tema di sesso.
- Sanno tutto
della squadra di calcio preferita -, osserva Abraham. «Ma del proprio corpo, della propria sessualità
non sanno quasi niente. Un'ignoranza che diventa quasi abissale, quando si
tratta dell'altro sesso".
Si tratta degli
stessi adolescenti che sono cresciuti letteralmente bombardati da informazioni
sul sesso di tutti i generi: da quelle «scientifiche» che ricevono da piccoli,
in famiglia via via fino agli infiniti messaggi erotici di cui è piena la società
dell'immagine e dei mass media in cui viviamo. Tutta questa ignoranza sembra quindi un paradosso.
E certo non è un buon inizio per la loro vita sessuale. Si tratta di un rifiuto
a conoscere, e a conoscersi, per troppa assuefazione, ormai?
«Non è certo la
mancanza di informazione sessuale a provocare questa ondata di ignoranza”,
conferma Abraham. «Di informazione ce n'è fin troppa. Di tutti i tipi. E quasi
sempre scadente. E questo ha provocato un senso di saturazione. E di disinteresse.
In fondo i ragazzi ne sapevano di più quando andavano a cercarsi le loro informazioni da soli in gran
segreto. Oggi le trovano dappertutto: dall'infinità di pubblicazioni al limite
della pornografia, fumetti o altro, ai grandi rotocalchi di informazione. Dove,
quando si parla di sesso, è quasi sempre in modo svilente, ammiccante: quasi
mai una "cosa seria"».
La passione, gli affetti, i grandi
sentimenti magari sì,
hanno un loro valore, un loro «dignità». Ma il sesso, anche nel terzo millennio
resta qualcosa di un po' lubrico,
su cui si ammicca: anche quando lo si sviscera in tutti i suoi dettagli erotici
e no. Quando invece se ne
parla seriamente, si riduce spesso ad una specie di lezione di anatomia, a
volte un po' raccapricciante. Ritorna così a livello di informazione di
massa, popolare, che è poi quella che si assorbe di più, l'eterna divisione fra
sesso e sentimenti.
«E sempre in
tema di informazione,, continua Abraham, - non si possono dimenticare gli
effetti, in questi ultimi anni, della tragedia dell'Aids che ha accentuato non
solo una maggiore e salutare cautela, nei confronti del sesso. Ma ha creato
anche, in ognuno di noi, uno
stato di allarme più o meno consapevole. Non possiamo negare infatti che
è un'oscura minaccia di morte quella che oggi si accompagna al sesso e si
insinua dentro di noi, sia pure come un'ombra lontana. L'erotismo perde così la sua carica vitale
-. Il minore interesse per il sesso, come il calo del desiderio, può essere
quindi una forma, sia pure inconsapevole, di difesa. E la minaccia da cui ci si
difende non è poi così lontana. E immaginaria. Ed ecco la moglie che accoglie
il marito dall'aria più perbene del mondo sulla soglia di casa, con un festoso
abbraccio: ignara delle scene che si sono viste prima negli spot anti AIDS. E
che in un rapido succedersi di sequenze presentano lo stesso inappuntabile marito
alle prese con una breve e
insignificante avventura. Con una ragazza che a sua volta, poco prima...
Eccetera eccetera. La minaccia ora è lì, sulla soglia di casa, insieme al
«Ciao, cara, come va?» dell'affettuoso marito.
Una pubblicità
molto didattica, se si vuole. Ma da brivido. E certo non di tipo erotico. Al contrario. È il
brivido del sospetto, e della «vigilanza che si infiltra in casa e in camera da
letto. Le difese interne trovano poi le loro vie, magari traverse, per
esprimersi. Un problema in più, nella vita di coppia: anche come lontana
risonanza di una realtà che in qualche modo influisce sul nostro modo di vivere
e di pensare al sesso. E all'amore. Un binomio talmente forte che resiste a
tutto, naturalmente. Anche se il panorama sembra farsi a volte più desolato, più
arido. O, semplicemente, più grigio.
- Non è facile vivere in due
- osserva Abraham. «Non lo è mai stato. Ma è ancora più difficile, oggi, vivere
soli. Da tutti i punti di vista: anche pratici, economici, sociali. Non solo
affettivi. La solitudine fa
paura, molto di più delle inevitabili difficoltà della vita di coppia.
Di questo siamo tutti più consapevoli. E prima di buttare all'aria un matrimonio,
una convivenza ci si pensa molto. E ci si sforza di ritrovare un accordo; anche
quando sembra perduto -.
Tornano quindi
in primo piano i buoni vecchi sentimenti di sempre: l'affetto, la tenerezza, l'intimità.
Sentimenti a tinte poco
sgargianti, un po' in ombra. Ma che non sono un'alternativa al sesso:
anzi, possono mantenere vivo quel desiderio che sembra spegnersi. «Sembrano
sentimenti poco esaltanti, poco passionali,, osserva Abraham. «Ma sono questi i
sentimenti con cui si evita la solitudine: anche quella a due”. L’amore, la
passione nel talamo, non sono più di moda!
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