Virginia Oldoini, Contessa di Castiglione
Convinse con le sue grazie Napoleone III a sostenere la causa dell'indipendenza italiana
Tra le donne del Risorgimento la contessa di Castiglione fu certamente la più bella, la più intrigante e chiacchierata, la personificazione della vanità femminile. Una “statua di carne”, così l’aveva definita con una punta d’invidia la principessa di Metternich. Audace, altera e superba, di sé diceva: “è il mio carattere fiero, franco e libero che mi fa essere talvolta cruda e dura”. Mostrava con orgoglio agli ammiratori le mani seducenti e i piedi magnifici. Gli occhi di intenso verdazzurro dalle sfumature ametista, anche nel fuoco della passionalità più violenta tradivano una mente lucida e fredda.
Virginia Oldoini, Contessa di Castiglione - Ritratto di Michele Gordigiani |
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Virginia
Oldoini, figlia del nobile marchese
spezzino Filippo Oldoini e della fiorentina Isabella Lamporecchi, vide la luce
a Firenze il 23 marzo 1837,
anche se per civetteria non lo ammise mai. È passata alla storia per avere
sedotto – un’astuzia del Conte di Cavour che le avrebbe detto “usate tutti i mezzi che vi
pare, ma riuscite” - Napoleone III portandolo così a sostenere la causa
dell’indipendenza italiana. Non aveva ancora 17 anni quando, il 9 gennaio 1854,
“Nicchia” (così la chiamava Massimo d’Azeglio) divenne contessa di Castiglione,
andando in sposa al conte Francesco
Verasis di Castiglione Tinella e di Costigliole d’Asti, cugino di
Cavour, assolutamente deciso a sposare la donna più
bella d’Italia, nonostante sapesse di non essere ricambiato. Ne rimase
sempre innamorato e, come tutti i mariti ingannati che si rispettino, disposto
a ignorarne i tradimenti e ad assecondarne
i costosi capricci, anche dopo la separazione legale, finché nel 1867
durante il corteo di nozze tra il principe Amedeo d’Aosta e la principessa
Maria dal Pozzo della Cisterna, caduto da cavallo, morì travolto dalla carrozza
reale.
Virginia Oldoini, Contessa di Castiglione |
AMATA, MA ANCHE ODIATA
Virginia non amò altri che se
stessa, motivo per cui il figlio Giorgio, morto di vaiolo a Madrid nel 1879, la detestava cordialmente.
Dagli uomini sapeva farsi adorare quanto odiare dalle donne, prima tra tutte la
spagnola Eugenia Montijno,
consorte di Napoleone. Dalla amata Spezia, appena sposata si trasferì a
Torino alla corte di Vittorio Emanuele di Savoia e quindi a Parigi. Dopo un
esordio memorabile alle Tuileries, alla sfolgorante ventenne bastò mezz’ora d’amore con l’Imperatore cinquantenne nella
stanza azzurra del Castello di Compiègne per riuscire nella “delicata”
missione di Stato che le era stata affidata. Era il gennaio
del 1856. Napoleone la coprì di gioielli, tra cui una collana a cinque
giri di perle e si favoleggiava di un appannaggio mensile di 50mila franchi.
Virginia Oldoini, Contessa di Castiglione rara foto del 1860 |
Stabilitasi in Rue de Passy, le
malelingue non si accontentarono più di soprannomi come “la bella e la bestia” e, senza mezzi
termini, la battezzarono “vulva
d’oro”. Dopo l’armistizio di Villafranca, nel luglio 1859, la sua
stella presso Napoleone cominciò a offuscarsi a vantaggio della moglie del
ministro degli esteri contessa Walewska, ma
a buon conto l’imperatrice Eugenia, col pretesto di un sventato attentato
all’Imperatore programmato durante un convegno tra i due amanti, ne ottenne
l’espulsione dalla Francia. Nel 1862, per intercessione dell’ambasciatore
Costantino Nigra, tornerà a Parigi con propositi di rivalsa, ma ormai quella
partita era persa come lo fu più avanti quella con Vittorio
Emanuele, seccatosi per i suoi tentennamenti e le sue eccessive pretese
dopo averla ripetutamente invitata a trasferirsi a Firenze.
Virginia Oldoini, Contessa di Castiglione 2 |
43 AMANTI E IL VOLTO VELATO
Caduto il Secondo Impero nel 1870,
con abilità e scaltrezza continuò a tessere, tra Parigi e La Spezia, la rete
delle sue amicizie influenti collezionando
43 amanti, 12 dei quali
avuti contemporaneamente e sempre all’insaputa l’uno dell’altro. La venere
incontrastata del bel mondo che aveva incantato per le toilette da favola, i
gioielli, tra i fasti e i piaceri della mondanità, ebbe il solo grave torto di sopravvivere alla sua
bellezza. Trascorse l’autunno della vita sola, nel
terrore dell’indigenza, sopraffatta da cupa nevrastenia e senso di
persecuzione. Dei ricordi ormai non sapeva che farsene: per non vedere la sua decadenza fisica si velava il
volto, copriva gli specchi, usciva solo la notte, circondandosi di
un’aura patetica di mistero. Ancora ricca, ma in
crisi di liquidità, nel 1893 subì l’onta dello sfratto dal suo ammezzato
di Place Vendôme occupato dal 1876.
Virginia Oldoini, Contessa di Castiglione, riproduzione su porcellana |
Morì a Parigi il 28 novembre 1899 in un piccolo
alloggio sopra il ristorante Voisin. All’indomani del suo
funerale, la polizia e Carlo Sforza per l’ambasciata italiana distrussero tutte
le lettere e i documenti compromettenti riguardanti
re, politici, papi e banchieri, da Napoleone III a Bismarck, Cavour, Pio IX, Rothschild.
Ci restano i suoi diari. Avrebbe voluto tornare in Italia e farsi seppellire
alla Spezia con i suoi gioielli (andarono invece a sconosciuti eredi con una fortuna stimata
in due milioni di lire
del tempo), la camicia da notte verde acqua di Compiègne e i suoi due
pechinesi, Sanduga e Kasino, imbalsamati. Riposa invece, tra i grandi, al Père
Lachaise.
Bibliografia più recente in italiano:
- L'album della contessa di Castiglione, presentazione di Lietta Tornabuoni, con una nota di Michele Falzone del Barbaro, Milano, Longanesi, 1980.
- L'album della contessa di Castiglione, presentazione di Lietta Tornabuoni, con una nota di Michele Falzone del Barbaro, Milano, Longanesi, 1980.
- Arrigo
Petacco, L'amante dell'imperatore, amori, intrighi e segreti della
contessa di Castiglione, Milano, Mondadori, 2000,
- Giuseppe
Borghetti, L'ambasciatrice di Cavour, P. Maglione, 1929
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