La
Sindrome di Stendhal
La Sindrome di Stendhal anche
conosciuta come Sindrome di Firenze, è un
singolare disturbo psichico transitorio che si manifesta tipicamente al
cospetto di opere d’arte con capogiri, tachicardia, stati confusionali e
in alcuni casi addirittura allucinazioni.
La Sindrome di Stendhal |
Questo insolito disturbo che per l’appunto sembra verificarsi almeno una volta al mese a Firenze,
è piuttosto raro, e colpisce principalmente persone molto sensibili e
appartieni a quelli che vengono definiti malanni del viaggiatore. Prende il suo
nome dallo scrittore francese Marie Henry Beyle (in
arte Stendhal) che fu il
primo a riportare, nel suo libro-resoconto di un viaggio in Italia,
un’esperienza simile della quale fu protagonista nel corso della sua visita alla fiorentina Basilica di
Santa Croce. La Sindrome di Stendhal venne proposta al grande pubblico nel 1979 con il
libro della psichiatra Graziella Margherini, responsabile del servizio per la salute mentale dell’Arcispedale Santa Maria
Nuova di Firenze, intitolato appunto “La sindrome di Stendhal. Il
malessere del viaggiatore di fronte alla grandezza dell’arte”. All’interno di questo libro vengono descritti oltre 100
casi avvenuti nel capoluogo toscano.
La sindrome è stata diagnostica per la prima volta nel 1982, e sembra che la maggior parte di coloro che ne
sono vittime siano stranieri, mentre
sembra che gli italiani ne siano immuni. Molto
spesso si tratta di persone di formazione classica o religiosa che spesso
vivono da soli.
La Sindrome di Stendhal - Chiesa di Santa Croce Firenze |
La Sindrome
di Stendhal rappresenta uno scompenso psichico acuto che in casi estremi può portare anche al ricovero
ospedaliero ma che tuttavia è assolutamente temporaneo e non lascia
conseguenze. La Sindrome può manifestarsi in
tre modi differenti: le manifestazioni più lievi riportano delle crisi d’ansia o di panico che comportano delle difficoltà respiratorie,
tachicardia, timore di perdere i sensi o di morire, cui può aggiungersi un
leggero senso d’irrealtà. Le manifestazioni più gravi di questa
sindrome invece costituiscono dei veri e proprio scompensi psichici: crisi di pianto accompagnate da angoscia e sensi di colpa,
allucinazioni e paranoia. A volte la Sindrome sfocia anche in comportamenti
aggressivi e di isteria, che conducono al tentativo di distruggere
l’opera. Il disturbo
non è in alcun modo correlato ad artisti o ad opere particolare ma riguarda le
caratteristiche dell’opera d’arte che inducono a reazioni emozionali
incontenibili in soggetti
particolarmente sensibili.
Approfondimenti
In principio fu
l’autore de “La Certosa di Parma”: nel 1817 mentre visitava la chiesa di Santa Croce a Firenze
fu colto da strane sensazioni:
polso accelerato, difficoltà respiratoria e perdita di equilibrio. Stendhal è stato il primo a
descrivere il disturbo neurologico che colpisce alcune persone al cospetto di
opere d’arte di incommensurabile bellezza. L’indagine prese atto dalla cura di
turisti che, usciti dagli Uffizi, e in preda a singolari malori, si recavano
nel vicino ospedale fiorentino. Non si tratta di un’emozione estetica, quindi
lascia poco spazio all’interpretazione fantastica della fruizione dell’arte. E’
piuttosto un turbamento dovuto alla contemplazione della bellezza
artistica, soprattutto la pittura e la scultura, che producono disordine
nella mente e nel corpo. Come si
manifesta Secondo lo studio della psichiatra fiorentina Margherini, la
Sindrome può manifestarsi in tre modi diversi non sempre associati:
- disturbi cognitivi, cioè: percezione alterata di suoni e colori, sentimenti persecutori o di colpa e ansiosi;
- disisturbi dell’affettività, cioè: stati depressivi, senso di inferiorità, il sentirsi inutili; o di superiorità, come euforia, esaltazione, senso di onnipotenza;
- crisi di panico o proiezioni somatiche dell’angoscia come tachicardia, sudorazione, cattiva respirazione.
- disturbi cognitivi, cioè: percezione alterata di suoni e colori, sentimenti persecutori o di colpa e ansiosi;
- disisturbi dell’affettività, cioè: stati depressivi, senso di inferiorità, il sentirsi inutili; o di superiorità, come euforia, esaltazione, senso di onnipotenza;
- crisi di panico o proiezioni somatiche dell’angoscia come tachicardia, sudorazione, cattiva respirazione.
Pur essendo
disturbi acuti, fortunatamente sono transitori e non indicano assolutamente uno stato mentale patologico. Quindi, fughiamo ogni dubbio: i soggetti che ne soffrono sono
sanissimi.
Un dato curioso è il fatto che la sindrome di Stendhal non sia legata ad artisti o ad opere particolare: ha più a che vedere con la “grandezza” e la quantità delle opere d’arte che possono indurre reazioni neurologiche intense in persone particolarmente sensibili.
Un dato curioso è il fatto che la sindrome di Stendhal non sia legata ad artisti o ad opere particolare: ha più a che vedere con la “grandezza” e la quantità delle opere d’arte che possono indurre reazioni neurologiche intense in persone particolarmente sensibili.
La Sindrome di Stendhal - La primavera del Botticelli |
Da cosa ha origine?
Grazie alla
scoperta dei neuroni-specchio,
negli anni ’90, possiamo avvicinarci alla comprensione delle basi
neurologiche della fruizione estetica. Pare che il cervello di soggetti
particolarmente sensibili riceva troppi impulsi visivi nello stesso momento, e
che producano un’intensa eccitazione,
che si tramuta nei sintomi descritti.
La spiegazione neurologica
Secondo il
neurologo Semir Zeki, introduttore della “neuro-estetica”, noi siamo dotati di un cervello
visivo con cui possiamo cercare di spiegare e capire la creazione
artistica. Allo stesso modo siamo dotati di un cervello
artistico, prolungamento di quello visivo. (Emisfero sx ed emisfero dx,
lateralizzazione cerebrale ndr.) Il nostro
cervello non è un semplice spettatore passivo che si limita a registrare la
realtà fisica del mondo esterno, ma è piuttosto un creativo: ogni volta che
“vediamo” di fatto costruiamo nella nostra testa un’opera d’arte.
La risposta del
cervello di fronte all’arte potrebbe non solo fornire spiegazioni maggiori
sulla Sindrome di Stendhal, ma anche capire meglio il funzionamento del cervello, le cui logiche non sono ancora del
tutto conosciute.
E quella psicoanalitica?
C'è
un'innovativa teoria psicoanalitica
inoltre che ipotizza che il soggetto, affetto dalla Sindrome di Stendhal, sia
preso a livello inconscio da un attacco invidioso del bello del quale vorrebbe
impossessarsi. Ciò produrrebbe reazioni neurovegetative e malesseri
psicosomatici inclusa la cefalea
Il soggetto sperimenta un senso di impotenza di fronte alla perfezione e ad una creatività che lo sconvolge. E' come se volesse essere lui l'autore di tanta grandezza artistica, e sente perciò la sua impotenza di fronte a tale splendore.
Il soggetto sperimenta un senso di impotenza di fronte alla perfezione e ad una creatività che lo sconvolge. E' come se volesse essere lui l'autore di tanta grandezza artistica, e sente perciò la sua impotenza di fronte a tale splendore.
L’intervista
La psicoanalista Graziella Magherini
è molto conosciuta anche per i suoi interessi interdisciplinari tra
psichiatria, psicoanalisi e scienze umane, che l’hanno fra l’altro condotta ad
essere tra i fondatori del gruppo di studio “Arte e psicologia”, formato da
eminenti psicologi, psichiatri, psicoanalisti, storici dell’arte e filosofi. Il
gruppo è nato allo scopo di offrire una lettura multidisciplinare dell’opera d’arte,
integrando le interpretazioni filologiche e
storico-sociali con approfondimenti psicologici e psicoanalitici.
Attualmente Graziella Magherini ne è la presidente. In questo volume lei ha
descritto per la prima volta in termini scientifici quella sofferenza mentale
che a volte coglie i turisti nelle città d’arte.
La Sindrome di Stendhal - Il Narciso del Caravaggio |
Vuole
darci una definizione precisa di quello che si intende per “Sindrome di
Stendhal”?
Con “Sindrome
di Stendhal” si fa riferimento a una serie di esperienze critiche, di episodi
di scompenso psichico acuti, improvvisi e di breve durata, tutti di carattere benigno,
ovvero privi di conseguenze (e questo è importante sottolinearlo), e tutti correlati
con l’elemento del viaggio in luoghi d’arte.
Vuole
spiegarci come è nata l’idea di affrontare questo affascinante argomento?
Per cominciare
vorrei precisare che la definizione di questa sindrome è stata messa a punto
per la prima volta dal nostro gruppo fiorentino tra gli anni Ottanta e Novanta,
nonostante che di questo fenomeno in molti avessero già parlato senza però rendersene conto.
All’epoca svolgevo l’attività di psichiatra responsabile del Servizio per la
salute mentale dell’Arcispedale di Santa Maria Nuova di Firenze, e fui molto colpita,
insieme ad altri miei colleghi, dal fenomeno ripetuto di arrivi d’urgenza di persone
colpite da disturbi psichici improvvisi. Lo studio di questi casi ci portò ad osservare
che vi erano alcuni elementi ricorrenti: erano tutte persone in viaggio, tutte straniere
e tutte partite da casa in uno stato di benessere o di compenso psichico. Il fenomeno
ci pareva assolutamente degno di approfondimento, così vi abbiamo dedicato uno
studio decennale, operando anche un’indagine su un campione di controllo. Il riferimento a Stendhal non è ovviamente casuale. Evidentemente
no; infatti abbiamo scelto il suo nome facendo riferimento alle emozioni descritte
in “Rome, Naples and Florence”
del 1817, dove lo scrittore francese riferisce che durante una visita
nella basilica di Santa Croce fu colto da una crisi
che lo costrinse ad uscire all’aperto per risollevarsi da una vertiginosa
reazione psichica. L’importanza dell’episodio è dovuta al fatto che il
racconto di quelle emozioni assume un valore
simbolico, estensibile a
molteplici situazioni analoghe in contesti e tempi diversi,
in cui però l’elemento costante è la presenza del
soggetto in un luogo d’arte.
In effetti, lei
spiega che il viaggio d’arte può essere considerato un viaggio dell’anima, capace di risvegliare una trama di
emozioni e sentimenti che evidentemente però
non tutti sono ugualmente in grado di gestire. Si
usa in effetti la definizione di “turismo dell’anima” per indicare quel tipo di viaggio spesso compiuto in solitudine
(dalle statistiche risulta che l’87% delle persone che
hanno accusato i sintomi della sindrome erano viaggiatori individuali),
in luoghi particolarmente carichi di arte e di
storia, dove l’individuo si trova ad affrontare una prova
importante per la propria identità. La tendenza a viaggiare, infatti, rappresenta un
bisogno primitivo dell’uomo: durante il viaggio, però, l’identità è sottoposta ad un’oscillazione tra perdita e ricostruzione, il cui
superamento può rappresentare una fonte di
arricchimento, ma che spesso comporta il costo di una momentanea disorganizzazione del proprio campo mentale. In
circa vent’anni di studi possiamo affermare che
i casi di psicopatologia ci hanno, come spesso accade in psicanalisi, condotti a focalizzare tutta la serie di vicende
emozionali che anche in condizioni di normalità
caratterizzano gli individui che affrontano l’esperienza del viaggio d’arte.
La Sindrome di Stendhal - Bacco - Caravaggio |
Vogliamo
ora indicare quali sono i sintomi più comuni?
La Sindrome di Stendhal si
manifesta con tre differenti tipologie di disturbo. La prima è quella
identificabile con crisi
di panico e ansia somatizzata,
dove i soggetti accusano improvvisamente palpitazioni, difficoltà respiratorie,
malessere al torace, la sensazione di essere sul punto di svenire e conseguentemente
lo sviluppo di un vago senso
di irrealtà. Tali condizioni portano ad avvertire un improvviso bisogno
“di casa”, di tornare nella propria terra, di parlare la propria lingua. Le
altre due tipologie sono invece più serie. Una riguarda prevalentemente i disturbi dell’affettività,
e si manifesta con stati di depressione - crisi di pianto, immotivati sensi di
colpa, senso di angoscia…- o all’opposto con stati di sovraeccitazione - euforia, esaltazione, assenza
di autocritica… -; l’altra riguarda i disturbi del pensiero, con alterata percezione di suoni e colori
e senso persecutorio dell’ambiente circostante: a differenza della altre due tipologie,
questa si manifesta frequentemente in persone con precedenti di scompenso
psicologico, che, tuttavia, si trovavano prima della partenza in uno stato di benessere.
Queste
tre tipologie sintomatiche sono comunque riconducibili a quella crisi d’identità
a cui faceva riferimento prima?
Proprio così.
In ogni caso sono in gioco vicende interiori complesse e conflittuali, legate
alle singole biografie, alle storie infantili, alle angosce e ai meccanismi di
difesa che si manifestano nelle singole circostanze. Ma in sintesi possiamo
affermare che alla base di tale crisi d’identità vi è sempre la congiunzione di
tre elementi: la storia personale
del soggetto, e dunque la
struttura della sua personalità, l’elemento del viaggio e l’immersione in un ambiente
carico di arte e di storia.
Secondo
la sua esperienza, quali sono gli artisti o le opere d’arte che più generano
tale tipo di reazioni?
Non esistono
opere o autori particolari che suscitino le reazioni descritte. Questo è un concetto
molto importante: non sono le opere in sé,
ma piuttosto alcune peculiarità
proprie del singolo oggetto estetico che in particolari circostanze
scatenano nel fruitore, a seconda anche della sua storia personale, una sostanziale
difficoltà di contenimento
delle emozioni e dunque una condizione di disagio. Dal punto di vista psicoanalitico,
nell’istante dell’incontro tra
il fruitore e il creatore, mediato dall’opera
Che
cos’è esattamente la “Sindrome di Stendhal”?
Perché
una fanciulla di Botticelli può scatenare gravi squilibri e disagi nella psiche
del visitatore?
Perché in un
incontro sublime con l’arte, si verifica in un primo momento il fenomeno dell’incantamento verso la
bellezza formale, che richiama il primo incantamento dell’esperienza
umana, e cioè quello verso la
figura materna; quasi simultaneamente la forza espressiva delle grandi
opere d’arte può risvegliare i contenuti
più profondi dell’inconscio, rompendo alcune difese caratteriali e facendo emergere aspetti familiari,
ma rimossi, e dunque dimenticati, della propria storia interiore. Non si può
dire che esista una specifica opera particolarmente
pregante per la mente del fruitore, se
non in determinate condizioni, sebbene sia intuitivo che le opere più
drammatiche, come ad esempio alcuni Nudi di Michelangelo o i giovani
efebici rappresentati da Caravaggio, così ambigui e allusivi, possano
essere particolarmente forti in questo senso.
La Sindrome di Stendhal - La Trinità del Masaccio |
Ci
faccia qualche esempio.
Nel libro
riportiamo il caso di un giovane turista americano che fu particolarmente colpito
dal “Narciso” del Merisi,
nel cui ginocchio riconosceva un simbolo fallico; oppure il caso di un maturo
signore bavarese, a cui il confronto con
il Bacco adolescente ripropose violentemente il conflitto interiore derivante
da una non risolta valenza
omosessuale. Ma altrettanto significativo è il caso di una ragazza
colpita nel profondo dall’incontro con la bellezza passionale delle fanciulle dipinte da Botticelli.
E ancora posso citare il caso recentissimo, che risale al luglio scorso, di una
ragazza che ha subito in modo traumatico la vista della “Trinità” di Masaccio a Santa Maria Novella.
Come
lei sottolinea, tutti i casi studiati sono correlati all’elemento viaggio. Bisogna
quindi escludere a priori che una persona possa soffrire di Sindrome di Stendhal
al cospetto di un’opera d’arte ammirata nel proprio contenitore ambientale, per
esempio durante una mostra nella propria città?
Non lo si può escludere,
anche se, solitamente, trovandosi nel proprio habitat risulta molto più
semplice contenere le situazioni anche di forte disagio emotivo.
Potemmo
chiudere con una battuta… A lei è mai capitato di essere colta dalla Sindrome
di Stendhal?
Io sono una
persona molto sensibile ed effettivamente in certe situazioni all’estero ho provato
grandi emozioni, come ad esempio quando negli Stati Uniti o nel deserto dell’Algeria
mi sono trovata di fronte alla vastità della natura. Qui però si entra nel merito
di un altro discorso, che è quello che riguarda la percezione di trovarsi molto vicini a ciò che va al di
là dell’esperienza comune, all’“oltre”. Un altro capitolo, altrettanto
interessante e meritevole di approfondimento…
La Sindrome di Gerusalemme - Il muro del pianto |
Altre
voci
Nel cinema,
come non ricordare il film di Dario Argento del
1996, “La sindrome di Stendhal”, dove la giovane poliziotta Anna Manni,
interpretata da Asia Argento,
sviene all’interno degli Uffizi,
innanzi alla maestosità di un’opera
d’arte. Ma non mancano neppure i riferimenti
musicali, come ad esempio “L’orizzonte di
K.D.” di Francesco Guccini.
Un fenomeno che suscita interesse e che spesso è velato da un alone di mistero, di leggenda, quasi a volersi
chiedere se tale sindrome esista davvero oppure no.
Per chiarire
ogni dubbio abbiamo chiesto al Dott. Matteo Pacini, medico chirurgo, professore a contratto di Medicina delle Dipendenze presso la
Scuola di specializzazione in
Psichiatria dell’Università di Pisa.
Cosa è la sindrome di Stendhal e come
si manifesta?
La sindrome di
Stendhal è una descrizione di uno stato
emotivo caotico che si sviluppa durante una condizione di estrema
eccitazione e compiacimento per bellezze estetiche o per esperienze da
cui si hanno grandi aspettative di "rivelazione" o
"illuminazione". La sindrome inizia da prima delle crisi che
poi la persona indica. Le crisi sono
solo momenti di perdita del controllo paragonabili
ad un attacco di panico. Poiché hanno sintomi particolari come la sensazione di fluttuazione fuori dal
mondo, fuori dal corpo o l'amplificazione delle sensazioni, sono
automaticamente collegate a ciò che in quel momento si stava facendo, come ad
esempio contemplare un'opera o assistere ad una esibizione o guardare un
paesaggio. Mi viene in mente una descrizione più "attuale", che è
contenuta in una canzone di Guccini, "L’orizzonte di K.D." Somiglia
molto alla descrizione originale di Stendhal, una crisi alla contemplazione, in
quel caso, di un paesaggio da un ponte, seguita da uno stato di tristezza misto
a stupore.
Quali sono le cause scatenanti?
Sono
manifestazioni di sindromi
psichiatriche già note, infatti continuano poi anche in maniera slegata
dalla contemplazione di bellezze. Possono essere l'esordio semplicemente di un disturbo bipolare. Le descrizioni
somigliano molto a quelle degli stati
pre-deliranti oppure delle crisi "temporali"
pseudo-epilettiche che hanno questi pazienti prima di manifestare i classici
sintomi della malattia.
La Sindrome di Stendhal - Panorama del lago di Como |
Che soggetti colpisce?
Persone che
hanno sintomi "temporali", cioè del lobo temporale: tendenza alla scrittura "a
fiume", sensibilità alla
musica (soprattutto triste), tendenza a scrivere, immaginare e ascoltare
quando si è tristi, day-dreaming,
cioè sogno ad occhi aperti, sentirsi
dissociati dal proprio passato e futuro, come
burattini che assorbono dall'ambiente senza avere un'identità o una storia, ovviamente
tutti sintomi che capitano ogni tanto e vanno via da soli a cose normali.
Si dice che non colpisca gli
italiani. Corrisponde a verità?
Ogni territorio
ha le sue descrizioni equivalenti, ovviamente l'Italiano medio è relativamente
insensibile a ciò che vede ogni giorno, Stendhal si sentì male a Firenze. Gli
Italiani tendono a rimanere impressionati da altre realtà, come ad esempio il deserto.
Che analogie e che differenze ci sono
fra la sindrome di Stendhal e le sindromi di Gerusalemme e di Parigi?
La Sindrome di Gerusalemme così come è
descritta sembra
semplicemente un episodio di psicosi,
con tema mistico. Non è un disturbo a parte, una crisi di delirio che inizia durante una gita in luoghi sacri.
Ma le persone di solito sono predisposte in quella fase. La Sindrome di
Parigi sembra una versione della Stendhal. Essa colpiva turisti di altre culture, quindi era
più legata al passaggio ad una cultura
esotica.
Come ad esempio la predilezione di
Gaugin per Tahiti?
Nel caso di
Gaugin si trattava di un gusto. Bisogna tener conto che queste sindromi sono esperienze tormentose, sgradevoli,
intensamente coinvolgenti ma come un incubo.
In che modo è possibile guarirne?
Non è una
sindrome a se stante, per cui va fatto riferimento alla malattia di cui è
espressione, magari la prima espressione. Diciamo che fino ad ora nessuno si
presenta in ambulatorio dichiarandosi vittima della sindrome di Stendhal e non
è una diagnosi da manuale.
Allora cosa bisogna fare quando si
avvertono alcuni sintomi, come ad esempio gli attacchi di panico, in un luogo altamente
artistico o innanzi ad un paesaggio?
L'attacco
passa, lascia un senso di svuotamento e tristezza, oppure prelude ad uno stato
di perplessità che poi si
protrae nei giorni. Se la cosa protrae in questo ultimo senso è bene farsi
visitare.
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