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martedì 18 settembre 2012

La Sindrome di Stendhal





La Sindrome di Stendhal


La Sindrome di Stendhal anche conosciuta come Sindrome di Firenze, è un singolare disturbo psichico transitorio che si manifesta tipicamente al cospetto di opere d’arte con capogiri, tachicardia, stati confusionali e in alcuni casi addirittura allucinazioni.



La Sindrome di Stendhal



Questo insolito disturbo che per l’appunto sembra verificarsi almeno una volta al mese a Firenze, è piuttosto raro, e colpisce principalmente persone molto sensibili e appartieni a quelli che vengono definiti malanni del viaggiatore. Prende il suo nome dallo scrittore francese Marie Henry Beyle (in arte Stendhal) che fu il primo a riportare, nel suo libro-resoconto di un viaggio in Italia, un’esperienza simile della quale fu protagonista nel corso della sua visita alla fiorentina Basilica di Santa Croce. La Sindrome di Stendhal venne proposta al grande pubblico nel 1979 con il libro della psichiatra Graziella Margherini, responsabile del servizio per la salute mentale dell’Arcispedale Santa Maria Nuova di Firenze, intitolato appunto La sindrome di Stendhal. Il malessere del viaggiatore di fronte alla grandezza dell’arte”. All’interno di questo libro vengono descritti oltre 100 casi avvenuti nel capoluogo toscano.
La sindrome è stata diagnostica per la prima volta nel 1982, e sembra che la maggior parte di coloro che ne sono vittime siano stranieri, mentre sembra che gli italiani ne siano immuni. Molto spesso si tratta di persone di formazione classica o religiosa che spesso vivono da soli.




La Sindrome di Stendhal - Chiesa di Santa Croce Firenze



La Sindrome di Stendhal rappresenta uno scompenso psichico acuto che in casi estremi può portare anche al ricovero ospedaliero ma che tuttavia è assolutamente temporaneo e non lascia conseguenze. La Sindrome può manifestarsi in tre modi differenti: le manifestazioni più lievi riportano delle crisi d’ansia o di panico che comportano delle difficoltà respiratorie, tachicardia, timore di perdere i sensi o di morire, cui può aggiungersi un leggero senso d’irrealtà. Le manifestazioni più gravi di questa sindrome invece costituiscono dei veri e proprio scompensi psichici: crisi di pianto accompagnate da angoscia e sensi di colpa, allucinazioni e paranoia. A volte la Sindrome sfocia anche in comportamenti aggressivi e di isteria, che conducono al tentativo di distruggere l’opera. Il disturbo non è in alcun modo correlato ad artisti o ad opere particolare ma riguarda le caratteristiche dell’opera d’arte che inducono a reazioni emozionali incontenibili in soggetti particolarmente sensibili.


Approfondimenti
In principio fu l’autore de “La Certosa di Parma”: nel 1817 mentre visitava la chiesa di Santa Croce a Firenze fu colto da strane sensazioni: polso accelerato, difficoltà respiratoria e perdita di equilibrio. Stendhal è stato il primo a descrivere il disturbo neurologico che colpisce alcune persone al cospetto di opere d’arte di incommensurabile bellezza. L’indagine prese atto dalla cura di turisti che, usciti dagli Uffizi, e in preda a singolari malori, si recavano nel vicino ospedale fiorentino. Non si tratta di un’emozione estetica, quindi lascia poco spazio all’interpretazione fantastica della fruizione dell’arte. E’ piuttosto un turbamento dovuto alla contemplazione della bellezza artistica, soprattutto la pittura e la scultura, che producono disordine nella mente e nel corpo. Come si manifesta Secondo lo studio della psichiatra fiorentina Margherini, la Sindrome può manifestarsi in tre modi diversi non sempre associati:
- disturbi cognitivi, cioè: percezione alterata di suoni e colori, sentimenti persecutori o di colpa e ansiosi;
- disisturbi dell’affettività, cioè: stati depressivi, senso di inferiorità, il sentirsi inutili; o di superiorità, come euforia, esaltazione, senso di onnipotenza;
- crisi di panico o proiezioni somatiche dell’angoscia come tachicardia, sudorazione, cattiva respirazione.
Pur essendo disturbi acuti, fortunatamente sono transitori e non indicano assolutamente uno stato mentale patologico. Quindi, fughiamo ogni dubbio: i soggetti che ne soffrono sono sanissimi.
Un dato curioso è il fatto che la sindrome di Stendhal non sia legata ad artisti o ad opere particolare: ha più a che vedere con la “grandezza” e la quantità delle opere d’arte che possono indurre reazioni neurologiche intense in persone particolarmente sensibili. 



La Sindrome di Stendhal - La primavera del Botticelli



Da cosa ha origine?
Grazie alla scoperta dei neuroni-specchio, negli anni ’90, possiamo avvicinarci alla comprensione delle basi neurologiche della fruizione estetica. Pare che il cervello di soggetti particolarmente sensibili riceva troppi impulsi visivi nello stesso momento, e che producano un’intensa eccitazione, che si tramuta nei sintomi descritti.

La spiegazione neurologica
Secondo il neurologo Semir Zeki, introduttore della “neuro-estetica”, noi siamo dotati di un cervello visivo con cui possiamo cercare di spiegare e capire la creazione artistica. Allo stesso modo siamo dotati di un cervello artistico, prolungamento di quello visivo. (Emisfero sx ed emisfero dx, lateralizzazione cerebrale ndr.) Il nostro cervello non è un semplice spettatore passivo che si limita a registrare la realtà fisica del mondo esterno, ma è piuttosto un creativo: ogni volta che “vediamo” di fatto costruiamo nella nostra testa un’opera d’arte.
La risposta del cervello di fronte all’arte potrebbe non solo fornire spiegazioni maggiori sulla Sindrome di Stendhal, ma anche capire meglio il funzionamento del cervello, le cui logiche non sono ancora del tutto conosciute.

E quella psicoanalitica?
C'è un'innovativa teoria psicoanalitica inoltre che ipotizza che il soggetto, affetto dalla Sindrome di Stendhal, sia preso a livello inconscio da un attacco invidioso del bello del quale vorrebbe impossessarsi. Ciò produrrebbe reazioni neurovegetative e malesseri psicosomatici inclusa la cefalea
Il soggetto sperimenta un senso di impotenza di fronte alla perfezione e ad una creatività che lo sconvolge. E' come se volesse essere lui l'autore di tanta grandezza artistica, e sente perciò la sua impotenza di fronte a tale splendore.

L’intervista
La psicoanalista Graziella Magherini è molto conosciuta anche per i suoi interessi interdisciplinari tra psichiatria, psicoanalisi e scienze umane, che l’hanno fra l’altro condotta ad essere tra i fondatori del gruppo di studio “Arte e psicologia”, formato da eminenti psicologi, psichiatri, psicoanalisti, storici dell’arte e filosofi. Il gruppo è nato allo scopo di offrire una lettura multidisciplinare dell’opera d’arte, integrando le interpretazioni filologiche e  storico-sociali con approfondimenti psicologici e psicoanalitici. Attualmente Graziella Magherini ne è la presidente. In questo volume lei ha descritto per la prima volta in termini scientifici quella sofferenza mentale che a volte coglie i turisti nelle città d’arte. 


La Sindrome di Stendhal - Il Narciso del Caravaggio



Vuole darci una definizione precisa di quello che si intende per “Sindrome di Stendhal”?
Con “Sindrome di Stendhal” si fa riferimento a una serie di esperienze critiche, di episodi di scompenso psichico acuti, improvvisi e di breve durata, tutti di carattere benigno, ovvero privi di conseguenze (e questo è importante sottolinearlo), e tutti correlati con l’elemento del viaggio in luoghi d’arte.

Vuole spiegarci come è nata l’idea di affrontare questo affascinante argomento?
Per cominciare vorrei precisare che la definizione di questa sindrome è stata messa a punto per la prima volta dal nostro gruppo fiorentino tra gli anni Ottanta e Novanta, nonostante che di questo fenomeno in molti avessero  già parlato senza però rendersene conto. All’epoca svolgevo l’attività di psichiatra responsabile del Servizio per la salute mentale dell’Arcispedale di Santa Maria Nuova di Firenze, e fui molto colpita, insieme ad altri miei colleghi, dal fenomeno ripetuto di arrivi d’urgenza di persone colpite da disturbi psichici improvvisi. Lo studio di questi casi ci portò ad osservare che vi erano alcuni elementi ricorrenti: erano tutte persone in viaggio, tutte straniere e tutte partite da casa in uno stato di benessere o di compenso psichico. Il fenomeno ci pareva assolutamente degno di approfondimento, così vi abbiamo dedicato uno studio decennale, operando anche un’indagine su un campione di controllo. Il riferimento a Stendhal non è ovviamente casuale. Evidentemente no; infatti abbiamo scelto il suo nome facendo riferimento alle emozioni descritte in “Rome, Naples and Florence” del 1817, dove lo scrittore francese riferisce che durante una visita nella basilica di Santa Croce fu colto da una crisi che lo costrinse ad uscire all’aperto per risollevarsi da una vertiginosa reazione psichica. L’importanza dell’episodio è dovuta al fatto che il racconto di quelle emozioni assume un valore simbolico, estensibile a molteplici situazioni analoghe in contesti e tempi diversi, in cui però l’elemento costante è la presenza del soggetto in un luogo d’arte.
In effetti, lei spiega che il viaggio d’arte può essere considerato un viaggio dell’anima, capace di risvegliare una trama di emozioni e sentimenti che evidentemente però non tutti sono ugualmente in grado di gestire. Si usa in effetti la definizione di “turismo dell’anima” per indicare quel tipo di viaggio spesso compiuto in solitudine (dalle statistiche risulta che l’87% delle persone che hanno accusato i sintomi della sindrome erano viaggiatori individuali), in luoghi particolarmente carichi di arte e di storia, dove l’individuo si trova ad affrontare una prova importante per la propria identità. La tendenza a viaggiare, infatti, rappresenta un bisogno primitivo dell’uomo: durante il viaggio,  però, l’identità è sottoposta ad un’oscillazione tra perdita e ricostruzione, il cui superamento può rappresentare una fonte di arricchimento, ma che spesso comporta il costo di una momentanea disorganizzazione del proprio campo mentale. In circa vent’anni di studi possiamo affermare che i casi di psicopatologia ci hanno, come spesso accade in psicanalisi, condotti a focalizzare tutta la serie di vicende emozionali che anche in condizioni di normalità caratterizzano gli individui che affrontano l’esperienza del viaggio d’arte.



La Sindrome di Stendhal - Bacco - Caravaggio



Vogliamo ora indicare quali sono i sintomi più comuni?
La Sindrome di Stendhal si manifesta con tre differenti tipologie di disturbo. La prima è quella identificabile con crisi di panico e ansia  somatizzata, dove i soggetti accusano improvvisamente palpitazioni, difficoltà respiratorie, malessere al torace, la sensazione di essere sul punto di svenire e conseguentemente lo sviluppo di un vago senso di irrealtà. Tali condizioni portano ad avvertire un improvviso bisogno “di casa”, di tornare nella propria terra, di parlare la propria lingua. Le altre due tipologie sono invece più serie. Una riguarda prevalentemente i disturbi dell’affettività, e si manifesta con stati di depressione - crisi di pianto, immotivati sensi di colpa, senso di angoscia…- o all’opposto con stati di sovraeccitazione - euforia, esaltazione, assenza di autocritica… -; l’altra riguarda i disturbi del pensiero, con alterata percezione di suoni e colori e senso persecutorio dell’ambiente circostante: a differenza della altre due tipologie, questa si manifesta frequentemente in persone con precedenti di scompenso psicologico, che, tuttavia, si trovavano prima della partenza in uno stato di benessere.

Queste tre tipologie sintomatiche sono comunque riconducibili a quella crisi d’identità a cui faceva riferimento prima?
Proprio così. In ogni caso sono in gioco vicende interiori complesse e conflittuali, legate alle singole biografie, alle storie infantili, alle angosce e ai meccanismi di difesa che si manifestano nelle singole circostanze. Ma in sintesi possiamo affermare che alla base di tale crisi d’identità vi è sempre la congiunzione di tre elementi: la storia personale del soggetto, e dunque la struttura della sua personalità, l’elemento del viaggio e l’immersione in un ambiente carico di arte e di storia.

Secondo la sua esperienza, quali sono gli artisti o le opere d’arte che più generano tale tipo di reazioni?
Non esistono opere o autori particolari che suscitino le reazioni descritte. Questo è un concetto molto importante: non sono le opere in sé,  ma piuttosto alcune peculiarità proprie del singolo oggetto estetico che in particolari circostanze scatenano nel fruitore, a seconda anche della sua storia personale, una sostanziale difficoltà di contenimento delle emozioni e dunque una condizione di disagio. Dal punto di vista psicoanalitico, nell’istante dell’incontro tra il fruitore e il creatore, mediato dall’opera

Che cos’è esattamente la “Sindrome di Stendhal”?
Perché una fanciulla di Botticelli può scatenare gravi squilibri e disagi nella psiche del visitatore?
Perché in un incontro sublime con l’arte, si verifica in un primo momento il fenomeno dell’incantamento verso la bellezza formale, che richiama il primo incantamento dell’esperienza umana, e cioè quello verso la figura materna; quasi simultaneamente la forza espressiva delle grandi opere d’arte può risvegliare i contenuti più profondi dell’inconscio, rompendo alcune difese caratteriali e facendo emergere aspetti familiari, ma rimossi, e dunque dimenticati, della propria storia interiore. Non si può dire che  esista una specifica opera particolarmente pregante per la mente del fruitore,  se non in determinate condizioni, sebbene sia intuitivo che le opere più drammatiche,  come ad esempio alcuni Nudi di Michelangelo o i giovani efebici rappresentati da Caravaggio, così ambigui e allusivi, possano essere particolarmente forti in questo senso.



La Sindrome di Stendhal - La Trinità del Masaccio



Ci faccia qualche esempio.
Nel libro riportiamo il caso di un giovane turista americano che fu particolarmente colpito dal “Narciso” del Merisi, nel cui ginocchio riconosceva un simbolo fallico; oppure il caso di un maturo signore bavarese, a cui  il confronto con il Bacco adolescente ripropose violentemente il conflitto interiore derivante da una non risolta valenza omosessuale. Ma altrettanto significativo è il caso di una ragazza colpita nel profondo dall’incontro con la bellezza passionale delle fanciulle dipinte da Botticelli. E ancora posso citare il caso recentissimo, che risale al luglio scorso, di una ragazza che ha subito in modo traumatico la vista della “Trinità” di Masaccio a Santa Maria Novella.

Come lei sottolinea, tutti i casi studiati sono correlati all’elemento viaggio. Bisogna quindi escludere a priori che una persona possa soffrire di Sindrome di Stendhal al cospetto di un’opera d’arte ammirata nel proprio contenitore ambientale, per esempio durante una mostra nella propria città?
Non lo si può escludere, anche se, solitamente, trovandosi nel proprio habitat risulta molto più semplice contenere le situazioni anche di forte disagio emotivo.

Potemmo chiudere con una battuta… A lei è mai capitato di essere colta dalla Sindrome di Stendhal?
Io sono una persona molto sensibile ed effettivamente in certe situazioni all’estero ho provato grandi emozioni, come ad esempio quando negli Stati Uniti o nel deserto dell’Algeria mi sono trovata di fronte alla vastità della natura. Qui però si entra nel merito di un altro discorso, che è quello che riguarda la percezione di trovarsi molto vicini a ciò che va al di là dell’esperienza comune, all’“oltre”. Un altro capitolo, altrettanto interessante e meritevole di approfondimento…


La Sindrome di Gerusalemme - Il muro del pianto



Altre voci
Nel cinema, come non ricordare il film di Dario Argento del 1996, “La sindrome di Stendhal”, dove la giovane poliziotta Anna Manni, interpretata da Asia Argento, sviene all’interno degli Uffizi, innanzi alla maestosità di un’opera d’arte. Ma non mancano neppure i riferimenti musicali, come ad esempio “L’orizzonte di K.D.” di Francesco Guccini. Un fenomeno che suscita interesse e che spesso è velato da un alone di mistero, di leggenda, quasi a volersi chiedere se tale sindrome esista davvero oppure no.
Per chiarire ogni dubbio abbiamo chiesto al Dott. Matteo Pacini, medico chirurgo, professore a contratto di Medicina delle Dipendenze presso la Scuola di specializzazione in Psichiatria dell’Università di Pisa.

Cosa è la sindrome di Stendhal e come si manifesta?
La sindrome di Stendhal è una descrizione di uno stato emotivo caotico che si sviluppa durante una condizione di estrema eccitazione e compiacimento per bellezze estetiche o per esperienze da cui si hanno grandi aspettative di "rivelazione" o "illuminazione". La sindrome inizia da prima delle crisi che poi la persona indica. Le crisi sono solo momenti di perdita del controllo paragonabili ad un attacco di panico. Poiché hanno sintomi particolari come la sensazione di fluttuazione fuori dal mondo, fuori dal corpo o l'amplificazione delle sensazioni, sono automaticamente collegate a ciò che in quel momento si stava facendo, come ad esempio contemplare un'opera o assistere ad una esibizione o guardare un paesaggio. Mi viene in mente una descrizione più "attuale", che è contenuta in una canzone di Guccini, "L’orizzonte di K.D." Somiglia molto alla descrizione originale di Stendhal, una crisi alla contemplazione, in quel caso, di un paesaggio da un ponte, seguita da uno stato di tristezza misto a stupore.

Quali sono le cause scatenanti?
Sono manifestazioni di sindromi psichiatriche già note, infatti continuano poi anche in maniera slegata dalla contemplazione di bellezze. Possono essere l'esordio semplicemente di un disturbo bipolare. Le descrizioni somigliano molto a quelle degli stati pre-deliranti oppure delle crisi "temporali" pseudo-epilettiche che hanno questi pazienti prima di manifestare i classici sintomi della malattia.


La Sindrome di Stendhal - Panorama del lago di Como



Che soggetti colpisce?
Persone che hanno sintomi "temporali", cioè del lobo temporale: tendenza alla scrittura "a fiume", sensibilità alla musica (soprattutto triste), tendenza a scrivere, immaginare e ascoltare quando si è tristi, day-dreaming, cioè sogno ad occhi aperti, sentirsi dissociati dal proprio passato e futuro, come burattini che assorbono dall'ambiente senza avere un'identità o una storia, ovviamente tutti sintomi che capitano ogni tanto e vanno via da soli a cose normali.

Si dice che non colpisca gli italiani. Corrisponde a verità?
Ogni territorio ha le sue descrizioni equivalenti, ovviamente l'Italiano medio è relativamente insensibile a ciò che vede ogni giorno, Stendhal si sentì male a Firenze. Gli Italiani tendono a rimanere impressionati da altre realtà, come ad esempio il deserto.

Che analogie e che differenze ci sono fra la sindrome di Stendhal e le sindromi di Gerusalemme e di Parigi?
La Sindrome di Gerusalemme così come è descritta sembra semplicemente un episodio di psicosi, con tema mistico. Non è un disturbo a parte, una crisi di delirio che inizia durante una gita in luoghi sacri. Ma le persone di solito sono predisposte in quella fase. La Sindrome di Parigi sembra una versione della Stendhal. Essa colpiva turisti di altre culture, quindi era più legata al passaggio ad una cultura esotica.

Come ad esempio la predilezione di Gaugin per Tahiti?
Nel caso di Gaugin si trattava di un gusto. Bisogna tener conto che queste sindromi sono esperienze tormentose, sgradevoli, intensamente coinvolgenti ma come un incubo.

In che modo è possibile guarirne?
Non è una sindrome a se stante, per cui va fatto riferimento alla malattia di cui è espressione, magari la prima espressione. Diciamo che fino ad ora nessuno si presenta in ambulatorio dichiarandosi vittima della sindrome di Stendhal e non è una diagnosi da manuale.

Allora cosa bisogna fare quando si avvertono alcuni sintomi, come ad esempio gli attacchi di panico, in un luogo altamente artistico o innanzi ad un paesaggio?
L'attacco passa, lascia un senso di svuotamento e tristezza, oppure prelude ad uno stato di perplessità che poi si protrae nei giorni. Se la cosa protrae in questo ultimo senso è bene farsi visitare.



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