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martedì 29 gennaio 2013

Audrey Hepburn L’icona in “Colazione da Tiffani’s”





L’icona in  “Colazione da Tiffani’s”


Dopo l'esperienza di Vacanze romane, fu chiamata ad interpretare il ruolo della protagonista femminile nel film di Billy Wilder, Sabrina, accanto a Humphrey Bogart e William Holden. Il guardaroba della Hepburn venne affidato allo stilista francese Givenchy. Quando gli fu detto che la signorina Hepburn voleva incontrarlo, Givenchy pensò di veder arrivare Katharine Hepburn. Invece si trovò davanti lei, ma non ne fu deluso. I due infatti, strinsero da allora un'amicizia e un sodalizio professionale che sarebbero durati tutta la vita. Lo stilista ricordava bene il loro primo incontro:





Audrey Hepburn 




« Le dissi, "Mademoiselle, mi piacerebbe aiutarla, ma ho poche cucitrici e sto lavorando ad una collezione, non posso farle dei vestiti." Allora lei disse, "Mi mostri quel che ha creato per la collezione." Si provò i vestiti. "È esattamente ciò di cui ho bisogno!", esclamò, e le stavano davvero bene. Sapeva perfettamente ciò che voleva. »
Per Sabrina, la Hepburn ricevette nuovamente una nomination all'Oscar alla migliore attrice, ma il premio andò a Grace Kelly. Il film ricevette un Oscar per i migliori costumi e lanciò la Hepburn nell'Olimpo delle star hollywodiane.





Audrey Hepburn  2 





Nel 1954 tornò sui palcoscenici interpretando il ruolo principale in Ondine, insieme all'attore e regista statunitense Mel Ferrer, con il quale si sarebbe sposata proprio quell'anno. Durante le rappresentazioni dello spettacolo teatrale, la Hepburn ricevette un Golden Globe come migliore attrice in un film drammatico, oltre al succitato Oscar per Vacanze romane. Sei settimane dopo aver ricevuto l'Oscar, fu premiata con un Tony Award quale migliore attrice per la sua interpretazione in Ondine.
Verso la seconda metà degli anni cinquanta, Audrey Hepburn era diventata





Audrey Hepburn - (My Fair Lady)  





una delle più grandi attrici di Hollywood e un'icona dello stile: nel 1955 la giuria dei Golden Globe le assegna il prestigioso Henrietta Award alla migliore attrice del cinema mondiale. La sua figura snella e il suo ben noto buon gusto erano ammirati e imitati. Diventata una delle maggiori attrazioni del cinema hollywoodiano, continuò a lavorare con attori importanti, come Fred Astaire, Maurice Chevalier, Gary Cooper, Cary Grant e molti altri volti noti del cinema statunitense e internazionale.
Cenerentola a Parigi, girato nel 1957, fu uno dei film preferiti della Hepburn, anche perché le offrì l'occasione, dopo tanti anni passati a studiare danza, di ballare insieme





Audrey Hepburn - (My Fair Lady)  2  





con Fred Astaire. La madre della Hepburn apparve qui nel ruolo della padrona di un caffè sulla strada. Nello stesso anno uscì nelle sale Arianna (Love in the afternoon), frutto di una nuova collaborazione dell'attrice con Billy Wilder. Nella commedia, insieme alla Hepburn, che fu candidata al Golden Globe e vinse l'unico Golden Laurel Award della sua carriera, recitarono Gary Cooper e Maurice Chevalier.
La storia di una monaca del 1959, vide l'attrice affrontare una delle sue interpretazioni più difficili. Films in Review scrisse: «la sua interpretazione chiuderà la bocca per sempre a quelli che pensavano a lei più come ad un simbolo di una donna sofisticata che come ad un'attrice. La sua interpretazione della Sorella Luke è una delle migliori mai viste sul grande schermo[17]».





Audrey Hepburn - Sciarada  





La pellicola, diretta da Fred Zinnemann, le valse la sua terza nomination all'Oscar e numerosi riconoscimenti, tra cui il suo secondo BAFTA, un nuovo premio come migliore interprete ai New York Film Critics Circle Awards, il David di Donatello per la migliore attrice straniera e il premio alla migliore attrice al Festival di San Sebastian.
Il personaggio di Holly Golightly, da lei impersonato nel film Colazione da Tiffany, tratto dal romanzo di Truman Capote e diretto da Blake Edwards nel 1961, venne considerato come una delle figure più incisive e rappresentative del cinema statunitense del XX secolo.





Audrey Hepburn - Sciarada  2  





L'interpretazione fece guadagnare all'attrice un'altra nomination all'Oscar, poi vinto da Sophia Loren e il secondo David di Donatello per la migliore attrice straniera. Intervistata a proposito di un personaggio così insolito per lei, la Hepburn disse: «sono un'introversa. Interpretare una ragazza estroversa è stata la cosa più difficile che io abbia mai fatto[18]»
Sempre nel 1961 uscì nelle sale Quelle due, in cui Audrey Hepburn fu nuovamente diretta da William Wyler. La pellicola, ispirata ad una pièce drammatica di Lillian Hellman, dalla quale il regista aveva già tratto il film La calunnia (1936), offrì all'interprete la possibilità di misurarsi con attrici del calibro di Shirley MacLaine, Miriam Hopkins e Fay Bainter.





Audrey Hepburn - Due par la strada 





Nel 1963 la Hepburn recitò in Sciarada, diretto da Stanley Donen. Nel film, che le fece vincere il terzo BAFTA, l'attrice affianca Cary Grant che aveva precedentemente rifiutato di recitare in Vacanze romane e Sabrina. Fu la prima e ultima volta che i due lavorarono insieme in un film. L'anno successivo, tuttavia, Cary Grant dichiarò scherzosamente:
« L'unico regalo che desidero per Natale è un altro film con Audrey Hepburn! »
(Cary Grant su Motion Pictures[19])
Nel 1964 fu impegnata in uno dei suoi ruoli più famosi, quello di Eliza Doolittle nel film musicale My Fair Lady. Venne scelta al posto dell'allora poco conosciuta Julie Andrews, che aveva interpretato il ruolo di





Audrey Hepburn - Due par la strada  2





Eliza a Broadway. Inizialmente la Hepburn rifiutò il ruolo e chiese che fosse assegnato alla Andrews, ma quando le dissero che la parte, in alternativa, sarebbe andata ad Elizabeth Taylor e mai alla Andrews, decise di accettare. Durante la lavorazione del film, la Hepburn scoprì di essere stata doppiata nei pezzi musicali. In segno di protesta se ne andò dal set, per tornare il mattino seguente scusandosi per il suo comportamento. Solo poche frasi da due canzoni nel film, sono effettivamente cantate dalla Hepburn. Doppiaggio a parte, molti critici ritennero l'interpretazione della Hepburn eccellente: per il musical l'attrice ottenne una nuova candidatura al Golden Globe e vinse il terzo David di Donatello.





Audrey Hepburn - Due par la strada  3 





Wyler e il terzo ed ultimo in cui l'attrice lavorò con il regista che l'aveva diretta nel 1953 nel suo primo ruolo da protagonista in Vacanze romane. Nella commedia poliziesca l'attrice, protagonista nel ruolo della figlia di un eccentrico falsario, recitò al fianco di Peter O'Toole e Eli Wallach.
Nel 1967, recitò in Due per la strada, diretto da Stanley Donen, film strutturato in maniera piuttosto innovativa per l'epoca e che affrontava il tema del divorzio. Caso volle che, proprio in quel periodo, la Hepburn vivesse un momento di profonda crisi con il marito Mel Ferrer. Il film successivo, Gli occhi della notte, per la regia di Terence Young, fu per lei una prova difficile sia per il ruolo particolarmente





Audrey Hepburn - Due par la strada  4 





impegnativo (quello di una donna cieca), sia a causa dell'imminente divorzio da Ferrer che era il produttore del film. Per la sua interpretazione la Hepburn ricevette un'altra nomination all'Oscar come migliore attrice che fu però assegnato a Katharine Hepburn. Ottenne inoltre, nel 1968, la doppia nomina al Golden Globe: come migliore attrice drammatica per Gli occhi della notte e come miglior interprete di commedia per il film di Donen. Nello stesso anno le fu assegnato il Tony alla carriera.
Dal 1967 in poi, lavorò in maniera molto sporadica. Dopo il divorzio da Ferrer, la Hepburn aveva sposato uno psichiatra italiano, Andrea Dotti con il quale aveva avuto il suo secondo figlio, Luca. La gravidanza fu molto difficile e l'attrice dovette rimanere quasi tutto il tempo a letto. Con l'arrivo di Luca, la Hepburn decise di diminuire i suoi impegni di attrice e di dedicarsi alla famiglia. Tornò al cinema nel 1976, accanto a Sean Connery in Robin e Marian, film che ebbe un successo moderato. Nel 1979 interpretò il ruolo principale in Linea di sangue, ma il film fu un fallimento di critica e di botteghino.





Audrey Hepburn  3




L'ultimo ruolo importante della sua carriera cinematografica fu nel 1981 accanto a Ben Gazzara, nella commedia ...e tutti risero, diretta da Peter Bogdanovich che ricevette un buon successo di critica, ma che fu presente nelle sale per un periodo molto breve.
La sua ultima apparizione sul grande schermo fu una piccola parte nel film di Steven Spielberg Always - Per sempre, nel 1988. Nel film, che non ebbe un grande successo, interpretava il ruolo di un angelo di nome Hap. Negli ultimi mesi della sua vita, lavorò in televisione come presentatrice del programma Gardens of the World with Audrey Hepburn, la cui prima puntata andò in onda il giorno successivo alla sua morte e per il quale ricevette un Emmy postumo. In quest'ultimo periodo la Hepburn registrò anche un album di letture di fiabe, Audrey Hepburn's Enchanted Tales, che le valse un Grammy, anch'esso postumo. Negli ultimi anni le sono stati assegnati numerosi premi speciali per celebrare i suoi meriti cinematografici, tra cui il Golden Globe nel 1990 e, nel 1992, il SAG e il BAFTA alla carriera.


Audrey Hepburn  4



lunedì 28 gennaio 2013

50 sfumature di ….. critiche! (M. Bellucci 3)





50 sfumature di ….. critiche! 
32 milioni di copie vendute non sono garanzia di una letteratura "di genere" o "degenere" 




La 49enne scrittrice inglese, con la sua trilogia “Cinquanta sfumature di grigio, di nero e di rosso”, è il fenomeno commerciale del 2012. Scrivere di sesso, anche in modi rozzi e dozzinali, fa vendere decine di milioni di copie. E stimola riflessioni sia sulle strategie editoriali, sia sul ruolo di chi oggi scrive, un ruolo che fa dell’autore un emergente capitano di finanza capace di mostrare senza infingimenti il volto di una produzione sottoletteraria di mera speculazione.
Ormai è prassi consolidata accettare le stravaganze del mondo come indispensabili piaceri/doveri, necessità che confermano





Monica  Bellucci  lingerie





sia l’altezza che la bassezza morale dell’uomo, e rimanere immobili mentre si apprende che E. L. James (pseudonimo di Erika Leonard, classe 1963) con i suoi (capolavori?) letterari (dal titolo Cinquanta sfumature di grigio, Cinquanta sfumature di nero e Cinquanta sfumature di rosso), tutti editi per i tipi Mondadori, si arricchisce come farebbe esattamente uno speculatore finanziario (meglio dicasi letterario), mentre noi letterati, critici e scrittori che abbiamo letto Pasolini e la migliore tradizione sia lirica che d’avanguardia, ci impoveriamo. Anzi, siamo i “matti” che perseguono nella letteratura ancora uno scopo, un fine. Non è invidia! (e se anche lo fosse, ad un certo punto si tratterebbe di un sentimento che stimola con pieno diritto antipatie e non





Monica  Bellucci  lingerie  2





simpatie mielate, quindi un dibattito autentico, acceso), ma si tratta di stabilire un punto, forse ancora più essenziale e vitale, nella letteratura contemporanea. Affermare non solo cosa sta diventando la letteratura in un tempo storico che è sicuramente post-umanista, in cui l’umanesimo non conta più nulla, e aggiungere, alla storia della letteratura, non solo il suo caos e nebulosità, compito troppo oneroso per essere eseguito un in articolo-web, ma anche il senso del suo percorso, capire dove essa si sta dirigendo. Dove va a sbattere (sempre se d’urto si vuole parlare) la letteratura? Sul sesso, soprattutto quando non si vuole sbagliare! La letteratura di mercato globale va a sbattere in mezzo alle gambe che stanno anzitutto in testa ad ogni individuo, sia





Monica  Bellucci - una buona forchetta





etero che omo. Verrebbe spontanea una definizione scolastica di cos’è la letteratura, ma evitiamo, visto mai dall’altra parte del globo qualche scrittore o critico emergente dovesse offendersi! 
Sappiamo da sempre che esiste una letteratura alta, media, bassa, di genere, ma oggi pare di genere anche una letteratura che “starnazza”, fatta per “paperi&papere”, più per becchi che per bocche buone! Una letteratura che si rivolge al gentil sesso (quando è più genital che genitive) per trasportarlo nei mondi (s)conosciuti dell’eros e del sesso. Il sesso ha sempre fatto parte della letteratura, del racconto, della novella, della poesia, è sempre stato più che un ingrediente una verità storica della vita; da Boccaccio a





Monica  Bellucci - Make-up 





Pietro Aretino, da Pier Paolo Pasolini fino ad Aldo Busi, per non citare la poesia erotica latina, i libri del marchese de Sade e tutti quei testi mirati sul sesso: Erica Jung, Paura di volare, 1973; Anais Nin, Il delta di Venere, 1978; Almudena Grandes, Le età di Lulù, 1989; Isabella Santacroce, Destroy, 2001; Catherine Millet, Vita sessuale di Catherine Millet, 2001; Melissa P., 100 colpi di spazzola prima di andare a dormire, 2003; Alina Reyes, Il macellaio, 2010. Sono solo alcune delle più note scrittrici di eros. All’elenco si può aggiungere E. L. James.
È chiaro che si può scrivere di sesso e di eros in quanto fenomeni storico-sociali, farli diventare metafora e allegoria di un preciso aspetto socio-politico, come accade nell’opera di de Sade, di Pasolini,





Monica  Bellucci - Malena





oppure essere a tal punto caratteri endemici e ontologici dell’individuo che li assimila addirittura non più come “atti privati” ma come “atti pubblici”: sostanza meta-politica e culturale di un’esigenza morale che si evince dai libri di Aldo Busi, in cui si è fieri di farlo alla luce del sole, in polemica anche con chi la propria omosessualità la reprime (vedi querelle Aldo Busi vs Lucio Dalla sul sito www.altriabusi.it). Fino a scivolare sempre più verso una specifica natura antropocentrica della letteratura in cui leggere di sesso significa approcciarsi al porno-libro (“farlo leggendo”, potrebbe essere la nuova frontiera?), che fa sentire meno colpevole e meno a disagio rispetto a chi fruisce del porno-video. C’è qualcosa però che va oltre il florilegio di libri





Monica  Bellucci 





elencati, i quali hanno tutti (anche se il giudizio è opinabile) una loro dignità letteraria rispetto al caso di cui sopra, perché affrontano il sesso non solo nel suo aspetto meramente edonistico, di piacere, ma anche endemico, ontologico ed esistenzialistico (aspetti tutti degni di una letteratura di rigore e di genere). Qui, invece, sta accadendo qualcosa di più. Con E. L. James si può ormai affermare che dentro e dietro la scrittura erotica e porno-soft si agita non solo una grande e collettiva esigenza di ascolto di una voce forte, incisiva, propria del racconto (anche se nel caso in esame ci sarebbero molte





Monica  Bellucci - Malena  2





riserve: i libri scritti dalla James hanno una sintassi dozzinale, propria di uno slang che in Inghilterra è abbastanza vivo tra i parlanti), ma l’esigenza, in aggiunta, di una terapia psico-sociale, di un grande rito d’esorcismo con cui finalmente ci si libera. Qui non si tratta solo di “bunga bunga”!, qui c’è un costante lamento per le cose che non vanno, per le mancanze che sono anche sessuali, le quali richiedono una terapia collettiva per il superamento dell’ansia e dell’angoscia: chiedono la partecipazione ad una mega orgia intellettuale. La vita post-moderna è più logora e aggressiva di un’ipotetica vita moderna. Per cui il lettore si avvicina con fame e curiosità ai libri sui generis, libri di sesso e di eros, perché, più che fare poco sesso (si spera di no!), egli lo fa male (il





Monica  Bellucci - Make-up





che è più certo!), senza godere, quindi, di una specifica libidine. Siamo tutti “porci” senza mangime! 
A questo punto il vero genio è Arthur Schnitzler (1862-1931), drammaturgo, scrittore e medico austriaco, che mise in atto in letteratura quel fenomeno che va sotto il nome di “monologo interiore”, in cui l’animo umano si sfoga e si libera da dentro di sé. Autore del libro Doppio sogno (1926), da cui si deduce che il sesso è più pensato che fatto, ha ispirato, come si sa, l’ultima opera cinematografica di Stanley Kubrick (Eyes wide shut, 1999). Se questi sono gli aspetti fenomenologici e culturali di una “deriva letteraria” che dispiace a chi scrive con passione civile e politica, il mercato editoriale, super-dopato di best sellers, annulla le differenze e appiattisce i moduli espressivi, anche quando essi ci sono. È inutile aspettarsi che la rivoluzione culturale passi attraverso questa odierna letteratura; magari negli anni Sessanta e Settanta del Novecento è passato qualcosa di rivoluzionario, una voce vibrante che la neoavanguardia ha stabilito essere “politica” ed essere “cultura”,





Monica  Bellucci  lingerie  3





distinguendola nettamente da ciò che è politichese e culturalismo. Adesso, ahinoi!, la coltre di alienazione si è inspessita, la rinuncia all’umanistica è conclamata, per cui non si stupisca chi pensa che i governi tecnici, i golpe, siano frutto soltanto di logiche economiche. Dietro ci sono anche precise scelte culturali. Questo l’ha capito la nostra Erika Leonard (casalinga inglese, forse anche annoiata, ma di certo non ingenua) che più si scrive di sesso e più si vende. Si può, con la retorica della repressione morale e culturale, scatenarne un’altra, in cui qualcuno certamente ci guadagna. Col sesso si vende, e tanto, ma come si vende? È qui che riflettere assume un significato morale e civile. Si vende nel modo in cui il sistema della finanza mondiale sta insegnando in pieno giorno a milioni di persone, ovvero speculando su temi che un tempo avevano la nobiltà e la freschezza dell’approccio letterario, non dirò “puro”, ma quantomeno necessario e





Monica  Bellucci  





utile a ciò che la letteratura nella sua sostanza è: racconto che scaturisce dalla testa oppure dal cuore per indicare meglio le forme del mondo, la sua sintassi e la sua grammatica. Non è, quindi, sempre esistita una letteratura come oggi si dipinge a colpi di sfumature di grigio, di nero e di rosso, perché è di questo tempo storico trovare migliore scappatoia nelle strade e nelle logiche infinite che conducono al capitale più sfrenato. Si può, quindi, accettare, in maniera molto molto serafica (?) la visione della letteratura come “rifugio”, rifugio dei furbi, anzi, come asserisce Marco Palladini, “delle canaglie” (vedi Chi disturba i manovratori? Zona, 2011). Lo scrittore è diventato uno speculatore, felice e sorridente come mai poteva esserlo se non avesse intuito che dietro i disagi e i desiderata ci si può arricchire, esattamente come accade in Borsa, oggi. Il passaggio dalla letteratura di genere alla letteratura che degenera è materia d’inchiesta per una nuova “verità storica” che stavolta riguarda la letteratura mondiale.


Monica  Bellucci