La venere nera Da fenomeno di baraccone nell’800, a donna più bella del mondo nel 3° millennio! |
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Nel 1817 all'Accademia Reale di Medicina di Parigi il professor Georges Cuvier discute una tesi sulle somiglianze anatomiche fra gli ottentotti e le scimmie basandosi sugli studi effettuati sul corpo e gli organi di una donna, Sarah Baartman. La storia di Saartjie e dell'esposizione del suo corpo ha però inizio sette anni prima a Londra, dove assieme al suo padrone afrikaner tiene spettacoli di intrattenimento a Piccadilly Street interpretando una selvaggia in catene nota come la "Venere Ottentotta". Autore di un cinema identificato come fortemente realista, Abdel Kechiche trova, a ben guardare, sempre il modo di connettere almeno un
elemento dei suoi film alle idee di spettacolo e di messa in scena. La schivata rivedeva le dinamiche sociali del teatro di Marivaux nella banlieue parigina, così come la danza del ventre di Hafsia Herzi in Cous cous intratteneva dei famelici finanziatori in attesa di assaggiare la specialità marocchina. In Venus noire il rapporto col palcoscenico e lo spettacolo si allunga e si estende indietro nel tempo fino al primo Ottocento, quando, fra residui illuministi e rivoluzione industriale, sia popolani che aristocratici applaudivano intimoriti e divertiti dal "cattivo selvaggio" interpretato da una donna sudafricana diventata fenomeno da baraccone per volere del suo padrone. Kechiche fa coincidere la vera storia di Saartjie Baartman col racconto dei suoi
spettacoli e delle sue esposizioni, a cominciare da un incipit-epilogo che ricrea l'esposizione dei suoi organi di fronte agli anatomisti francesi fino a ripercorrere tutte le tappe antecedenti che la hanno vista esibirsi di fronte al popolo inglese, alla corte di giustizia, ai salotti libertini e ai bordelli parigini. In ognuna di queste lunghe sequenze ritroviamo le peculiarità della regia di Kechiche: macchina a mano, il parlato continuo e serratissimo, la costante attenzione per i gesti delle mani e le espressività dei volti. Le novità riguardano invece una certa cura per gli ambienti e il decoro degna di un film in costume e, soprattutto, il passaggio dei "bianchi" dalla periferia al centro della
narrazione. La scelta di accentrare il racconto non solo attorno alla straordinaria Yahima Torrès ma anche ai due impresari Andre Jacobs e Olivier Gourmet, di rendere protagonista non tanto la "venere nera" quanto tutti gli sguardi di cui diventa oggetto, determina il modo con cui Kechiche riesce per tutto il film a coniugare la discriminazione con la rappresentazione, a raccontare come il principio della schiavitù non sia distante da una certa forma di spettacolo. Nelle varie "stazioni" che compongono il calvario di Saartjie, si consuma la degenerazione di questi sguardi sempre più irruenti e denigratori, sempre più invasivi e depravati, anche quando vorrebbero professarsi
umanitari ed empatici (come quelli del processo a Londra). Attraverso la metafora dello spettacolo, Kechiche ci parla così della violenza dello sguardo e delle pesanti catene che esso può imporre. In questa lotta, Saartjie è sola contro tutti: padroni, spettatori, scienziati, umanisti; eppure, il regista sa come orchestrare la tensione e l'emotività per non renderla una figura patetica o trasformare gli altri personaggi in maschere della crudeltà. E questo perché il suo cinema non cerca di cogliere lo spettacolo della realtà (che è il lavoro degli schiavisti, degli impresari, di chi giustifica l'accadere dei fenomeni in funzione della propria superiorità), quanto piuttosto di far uscire spontaneamente dalla forma dello spettacolo la libertà del reale. |
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2 - La Venere in
catene
3 - Venere ottentotta
“La venere nera” è arrivata per i
nostri occhi sugli schermi, dopo la a presentazione al Festival di Venezia
del 2010. La donna ottentotta venne esibita come un “mostro” dalle dimensioni
inaudite per l’ignoranza dei popoli inglese e francese di allora, all’inizio
del 1800, e come un essere più vicino alle scimmie secondo gli “scienziati”
del tempo. Sarah Baartman (Saartjie) fu prelevata in Sud Africa e portata da
un avventuriero afrikaner a Londra – la perfidia e la smania di guadagno dei conquistadores
del mondo sviluppato non conosce(va) limiti – per essere mostrata come
un essere sottosviluppato, prima in spettacoli sordidi da fiere, ingabbiata,
poi in spettacolini privés a Parigi, per trovare infine impiego in un postribolo dove si ammala e muore. Gli
scienziati ricavarono una statua dal suo
corpo per lezioni anatomiche sulla diversità, l’apparato genitale fuori dal comune fu conservato in provetta e mostrato in un museo di anatomia a Parigi fino al 1975: una vergogna durata 200 anni e un monito per chiunque abbia il minimo ardire – o la stupidità - di considerare una razza inferiore a un’altra (di questa ragazza parlò Gian Antonio Stella nel libro “Negri Froci Giudei”). I funerali che le erano dovuti si celebrarono in Sud Africa nel 2002. L’attrice Yahima Torrés è sì un mostro, ma di bravura; ci rende l’immagine delicata di una ragazza piena di pudore e con un passato di sofferenza, che la venuta in Europa non lenì, riservandole invece un calvario di frustrazioni. A dispetto di immagini più che truculente è evidente l’”ordine” del regista Abdel Kechiche nel mettere insieme tutte le fasi europee della vita di Sara, ordine ed onestà riscontrabili anche nel suo film Cous Cous. Duro ma da vedere, il cammino dell’umanità verso un mondo più giusto è incredibilmente lento. |
4 - L'onore di saartjie
Le forme del
suo corpo erano per l'Europa dell'800 un fenomeno da baraccone. 200 anni dopo
la "Venere ottentotta" ha avuto un funerale di Stato. Ed è diventata
un simbolo Nel
2011, in occasione della giornata sudafricana della donna, si sono tenuti a
Città del Capo i funerali solenni di Saartjie Bartman, cui sono stati riservati
tutti gli onori di un capo di Stato. Saartije è morta 187 anni fa, anche se
solo il maggio 2011 è stato riportato in patria ciò che resta di lei; uno
scheletro e due flaconi di formalina, l'uno contenente il cervello, l'altro organi femminili.
Per quasi due secoli questi resti erano stati esposti al Museo dell'Uomo di
Parigi, dopo che nel dicembre 1815 il celebre Georges
Cuvier aveva eseguito l'autopsia della donna che durante la sua vita fu nota come la "Venere ottentotta", su cui da allora sono stati scritti più di 50 volumi. Apparteneva al popolo dei Khosan, i più antichi umani stabilitisi in Africa australe, che i primi invasori europei chiamarono ottentotti o boscimani. Fu assunta come serva dai Bartman, coltivatori olandesi vicino a Capetown, che le dettero il nome Saartjie ("piccola Sara", pronunciato Sarkey) Bartman. Il fratello del padrone propose di portarla in tournée in Europa promettendole la metà degli incassi dei biglietti pagati per vederla. Saartjie era alta un metro e 35 cm, ed era chiamata la "Venere ottentotta" perché considerata particolarmente bella tra le donne del suo popolo e perché aveva molto sviluppate le caratteristiche fisiche
per cui da tanti secoli si favoleggiava sulle donne boscimane: natiche prominentissime e rialzate (i boscimani trattengono l'adipe in sovrappiù non sull'addome, ma sulle natiche) e piccole labbra altrettanto sviluppate (tanto che sporgevano dall'inguine di 8-10 cm verso il basso), chiamate il "grembiule ottentotto". Nello spettacolo della tournée, Saartjie appariva legata alla catena (nuda ma con la vagina coperta) e camminava a quattro zampe in modo da mettere in risalto il suo deretano e sottolineare la natura "animalesca" che allora veniva attribuita alla sensualità. Lei comunque affermò sempre di farlo di sua volontà, per guadagnare denaro. A Londra Saartjie si sposò con un uomo delle Indie occidentali ed ebbe due figli: dunque aveva una sua vita, anche mentre veniva esposta come un fenomeno da circo. Dopo un soggiorno inglese di tre anni e mezzo, passò a Parigi
dove un addestratore di animali la esibì per 15 mesi, propagandandone le natiche e le piccole labbra ("somiglianti ai bargigli dei tacchini" era scritto nei dépliants). Posò nuda per ritratti "scientifici" al Jardin du Roi, fu esaminata da tutti i più importanti scienziati dell'epoca, tra cui George Cuvier, ma si ammalò e, invece di diventare ricca in Sudafrica come doveva aver sognato, morì in Europa di una malattia infiammatoria, nel dicembre 1815. Cuvier le fece l'autopsia e asportò il pube che fece conservare e poi esporre al Musée de l'Homme al Palais de Chaillot. Solo quest'anno il Parlamento francese ha infine approvato una legge perché i resti fossero restituiti al Sudafrica. Saartjie fu il caso più famoso di ottentotta
portata in tournée, ma non fu l'unico. Da secoli gli indigeni delle lontane terre "appena scoperte" venivano portati in Europa come curiosità. Ma nell'800 esplose la passione per i circhi con gli animali feroci: perché quindi non aggiungere anche degli "umani feroci"? Nacquero così gli Zoo umani. Il pioniere fu naturalmente Phineas Barnum (1810-1891), quello del Circo Barnum. E gli ottentotti furono i più esposti: per esempio, ecco a Berlino l'esposizione sui "Trogloditi africani"; mentre i "Pigmei d'Africa" furono mostrati nel 1886 alle Folies Bergères a Parigi. Si capisce perciò come mai quei poveri resti rispediti in aereo, uno scheletro e due flaconi di formaldeide, siano intrisi di storia, d'ideologia, dell'onere insopportabile del razzismo, imbevuti della "scientifica" ferocia coloniale. E perché quel poco di cervello, quel brandello di vagina abbiano ricevuto gli onori di un funerale di Stato, con salve di cannone e discorsi sull'eredità africana.
Nicki Minaj tra le donne più belle del 3° millennio 3 |
Cuvier aveva eseguito l'autopsia della donna che durante la sua vita fu nota come la "Venere ottentotta", su cui da allora sono stati scritti più di 50 volumi. Apparteneva al popolo dei Khosan, i più antichi umani stabilitisi in Africa australe, che i primi invasori europei chiamarono ottentotti o boscimani. Fu assunta come serva dai Bartman, coltivatori olandesi vicino a Capetown, che le dettero il nome Saartjie ("piccola Sara", pronunciato Sarkey) Bartman. Il fratello del padrone propose di portarla in tournée in Europa promettendole la metà degli incassi dei biglietti pagati per vederla. Saartjie era alta un metro e 35 cm, ed era chiamata la "Venere ottentotta" perché considerata particolarmente bella tra le donne del suo popolo e perché aveva molto sviluppate le caratteristiche fisiche
Nicki Minaj tra le donne più belle del 3° millennio 4 |
per cui da tanti secoli si favoleggiava sulle donne boscimane: natiche prominentissime e rialzate (i boscimani trattengono l'adipe in sovrappiù non sull'addome, ma sulle natiche) e piccole labbra altrettanto sviluppate (tanto che sporgevano dall'inguine di 8-10 cm verso il basso), chiamate il "grembiule ottentotto". Nello spettacolo della tournée, Saartjie appariva legata alla catena (nuda ma con la vagina coperta) e camminava a quattro zampe in modo da mettere in risalto il suo deretano e sottolineare la natura "animalesca" che allora veniva attribuita alla sensualità. Lei comunque affermò sempre di farlo di sua volontà, per guadagnare denaro. A Londra Saartjie si sposò con un uomo delle Indie occidentali ed ebbe due figli: dunque aveva una sua vita, anche mentre veniva esposta come un fenomeno da circo. Dopo un soggiorno inglese di tre anni e mezzo, passò a Parigi
Nicki Minaj tra le donne più belle del 3° millennio 5 |
dove un addestratore di animali la esibì per 15 mesi, propagandandone le natiche e le piccole labbra ("somiglianti ai bargigli dei tacchini" era scritto nei dépliants). Posò nuda per ritratti "scientifici" al Jardin du Roi, fu esaminata da tutti i più importanti scienziati dell'epoca, tra cui George Cuvier, ma si ammalò e, invece di diventare ricca in Sudafrica come doveva aver sognato, morì in Europa di una malattia infiammatoria, nel dicembre 1815. Cuvier le fece l'autopsia e asportò il pube che fece conservare e poi esporre al Musée de l'Homme al Palais de Chaillot. Solo quest'anno il Parlamento francese ha infine approvato una legge perché i resti fossero restituiti al Sudafrica. Saartjie fu il caso più famoso di ottentotta
ragazza con steatopigia |
portata in tournée, ma non fu l'unico. Da secoli gli indigeni delle lontane terre "appena scoperte" venivano portati in Europa come curiosità. Ma nell'800 esplose la passione per i circhi con gli animali feroci: perché quindi non aggiungere anche degli "umani feroci"? Nacquero così gli Zoo umani. Il pioniere fu naturalmente Phineas Barnum (1810-1891), quello del Circo Barnum. E gli ottentotti furono i più esposti: per esempio, ecco a Berlino l'esposizione sui "Trogloditi africani"; mentre i "Pigmei d'Africa" furono mostrati nel 1886 alle Folies Bergères a Parigi. Si capisce perciò come mai quei poveri resti rispediti in aereo, uno scheletro e due flaconi di formaldeide, siano intrisi di storia, d'ideologia, dell'onere insopportabile del razzismo, imbevuti della "scientifica" ferocia coloniale. E perché quel poco di cervello, quel brandello di vagina abbiano ricevuto gli onori di un funerale di Stato, con salve di cannone e discorsi sull'eredità africana.
Splendida ragazza con lineamenti steatopigei, la mannequin Sophia Castello |
5 - Che brutta scimmia, la Venere ottentotta!
I
suoi movimenti avevano qualcosa di brusco e capriccioso che ricordava quelli
delle scimmie. Soprattutto aveva un modo di sporgere le labbra che assomigliava
in tutto e per tutto a quello che abbiamo avuto modo di osservare nell’orangotango. (…) Il tratto più sgradevole
della nostra Boscimana era la sua fisionomia: il suo viso richiamava in parte
quello del negro, per via della mascella sporgente, dell’obliquità degli
incisivi, delle labbra grosse, del mento corto e sfuggente; in parte quello del
Mongolo, a causa degli zigomi enormi, dell’appiattimento della base del naso e
nelle zone attigue della fronte e delle arcate sopraccigliari, del taglio
sottile degli occhi. (…) Il suo orecchio richiamava quello di molte scimmie per
via delle sue piccole dimensioni, della delicatezza del tratto e per il fatto
che la parte posteriore del bordo esterno era quasi inesistente. (Le sue
natiche) esse assomigliano in modo sorprendente alle escrescenze che spuntano sulle femmine dei mandrilli,
dei papiou (scimmia non identificata: il nome è decaduto), ecc., e che in certe
fasi della loro vita si sviluppano in modo mostruoso. (…) Tutti questi
caratteri, sebbene in maniera quasi impercettibile, accomunano le negre e le
Boscimane alle femmine delle scimmie».
(Georges Cuvier, «Extrait d’observations
faites sur le cadavre d’une femme connue à Paris et à Londres sous le nome de
Vénus Hottentotte», in Cuvier et al., Discours sur les révolutions du globe,
1864.)
Venere paleolitica di Lespugue - Pirenei francesi - avorio - 27.000 anni fa |
Lo studio fu scritto dopo l’esame del corpo di Saartjie Baartman, una giovane schiava di etnia khoi, conosciuta come «la Venere ottentotta», portata a Londra nel 1810, fatta girare come un animale da circo e costretta a entrare e uscire da una gabbia dimenando nuda davanti al pubblico il sedere particolarmente sporgente. Recuperato da Cuvier, il cadavere della poveretta, morta probabilmente di sifilide e di polmonite dopo essere stata spinta a prostituirsi una volta abbandonata a Parigi, fu vivisezionato. Il cervello e la vagina che presentava una specie di «velo del pudore», vennero esposti fino al 1974, per circa un secolo e mezzo al Musée de l’Homme di Parigi. La definizione di «boscimano» viene dall’inglese «bush man»: uomo delle selve. Oggi i resti di Saartjie, di cui si ignora il nome originario, riposano in Sudafrica dove, per iniziativa di Nelson Mandela, sono stati sepolti l’8 marzo, giorno della festa della donna.
Gabry, sono ormai a Padova! Ho trascorso bei giorni nella tua città! Ha qualcosa di esotico, di mediterraneo, di antico e moderno insieme. Ma tu sei cambiato. Non sei più quello di una volta, quello che mi metteva i brividi addosso non appena leggevo un post. Ti sei chiuso, incupito, incartato, non vuoi uscire fuori da quella situazione. Il passato è passato, devi pensare al futuro! E se ti prende il raccapriccio per la moralità di quella donna sappi che se t’avesse amato non sarebbe finita così. Non può pretendere la botte piena e la moglie ubriaca. In Italia come in America esiste il divorzio e non usare il marito come copertura e l’amante come trastullo! Così non si ama ne l’uno e ne l’altro, anzi non si ama nessuno. Non si ama a cicli, o si ama o non si ama. Tu me lo insegni, non si può essere il più grande amore di una vita se ancora non si è fatti i conti con la vita. Sono solo parole magniloquenti spese per addolcire nuove avventure. E poi il Dott. Severino è stato esplicito, è solo una coazione a ripetere, un impulso incontrollato per ammazzare la morte e il tempo che fugge. Della serie più attraggo, più sono desiderabile! Ergo, sono ancora giovane, bella e femminile per cui allontano nell’inconscio la “detestata soglia di vecchiezza” Ma questo non è ne amore, ne passione, è solo uno smisurato ego e una monumentale idea di grandeur! Ed è anche la mia idea, visto che ti ho rivelato il mio pensiero. Se amo, prima mi rendo la vita agreable, ma poi voglio viverla con la sola persona che mi fa toccare il cielo con un dito. Non scordare che spesso verrò giù e ti voglio felice, con chi ti pare, ma felice! Ok. Lucrezia
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