“Cortigiane,
vil razza dannata!”
La pubblicazione del romanzo di Loretta Chase, Sentimento
veneziano, (Your Scandalous
Ways) dove la protagonista, Francesca Cordier, è una cortigiana, mi ha
fatto venire voglia di indagare sulla vita delle donne che fra Sette e
Ottocento si dedicavano alla 'professione più vecchia del mondo', facendolo però con classe e
conducendo stili di vita piuttosto agiati e che spesso erano molto meno
'reiette' di quanto si possa credere. Nel romanzo della Chase, poi, Francesca è
una cortigiana a Venezia, città certamente più libera e dalla mentalità più
aperta di quanto potesse avvenire in altri parti di Europa e in particolare in
Inghilterra.
Una cortigiana |
Ma prima di scoprire come vivevano
le cortigiane all'epoca del romanzo della Chase, dobbiamo andare indietro di
due secoli. Sembra infatti che il termine 'cortigiana' risalga al 1540 ed
è chiaro che derivi dalla parola 'corte'. Era infatti alla corte di qualche signore del
Rinascimento che le cortigiane vivevano, concedendo i loro favori non solo al signore del castello
ma anche ai ricchi nobili che lo frequentavano. Le cortigiane erano
quindi spesso donne affascinanti , eleganti e ben istruite, che sapevano
parlare diverse lingue ed erano avvezze alle buone conversazioni e ai codici di
comportamento dell'alta società. Da un certo punto di vista esse erano
l'equivalente occidentale delle geishe giapponesi : donne
certamente più affascinanti rispetto alle comuni prostitute, che vendevano le
loro grazie al miglior offerente del quale diventavano spesso le amanti fisse, facendosi regalare case, vestiti
e gioielli in cambio di prestazioni sessuali ma sopprattutto di compagnia.
Non sempre l'amante di turno era l'unico
Alessandro Magnasco - La cioccolata, vita dissoluta nei monasteri |
favorito ed era piuttosto usuale per
queste donne avere più di un amante. Inoltre, le cortigiane uscivano spesso in
società in compagnia dei loro protettori, accompagnandoli nelle funzioni
sociali e arrivando, a volte, a prendere il posto delle loro legittime
consorti.
Il sito Venezia.net è a questo proposito una miniera di
informazioni, che prendo volentieri a prestito...
In una città cosmopolita
come Venezia, dove gli stranieri andavano e venivano in continuazione, il
fenomeno delle cortigiane era ben tollerato e a volte addirittura incentivato.
Secondo un censimento del 1509 se ne contavano
11.164. Oltre al commercio delle spezie orientali, del sale e delle
stoffe, un capitolo molto importante dell'economia veneziana era costituito da
ciò che oggi chiameremmo turismo. Per attrarre questa clientela, la Serenissima
si era accaparrata un gran numero di reliquie preziose. Ma siccome gli uomini
d'affari e i pellegrini non vivevano di puro spirito, la prostituzione fioriva.
Vittore Carpaccio - Due cortigiane |
IL QUARTIERE DELLE CORTIGIANE
Dalla
prima metà del '300, le cortigiane erano obbligate ad abitare in un quartiere vicino a Rialto chiamato "il
Castelletto". Oltre che al "Castelletto" le meretrici
avevano dimora anche dalle parti di San Cassiano ed esattamente nelle case di
proprietà della nobile e antica famiglia Trapani, in veneziano Ca’ (casa)
Rampani, ora chiamata zona delle carampane, nomignolo che a Venezia per lungo
tempo è stato sinonimo di vecchia prostituta. Il Rio terà delle
Carampane arrivava fino al ponte delle
Tette. Da sopra questo ponte le cortigiane si affacciavano
con i seni scoperti per allettare i passanti. A volte le si intavedeva
alla finestra anche completamente nude a mostrare le loro grazie.
Era, si
dice, un'imposizione fatta dal governo per "distogliere gli uomini dal
peccare contro natura". Il problema dell’omosessualità era molto sentito a
Venezia soprattutto nel '500. L'omosessualità era così diffusa nella Venezia
del Cinquecento, da indurre le prostitute, nel 1511, a inviare una supplica
all'allora patriarca Antonio Contarini affinchè facesse qualcosa in merito,
perchè sembra non avessero più
clienti. Forse la vera ragione della loro crisi economica era però
un'altra: che erano troppe!
Comunque ogni venerdì si raccoglieva il collegio dei deputati per decidere la
sorte dei colpevoli di sodomia. Gli omosessuali venivano impiccati nelle due
colonne della piazzetta di S. Marco e poi bruciati.
Vestiti di cortigiane |
REGOLE PER LE
CORTIGIANE
Attività
e comportamenti delle cortigiane erano minuziosamente regolati dalla Repubblica
di Venezia. Fu loro interdetto di uscire a "corsi" (ponti di barche
organizzati in occasione di festività) diversi da quello del Rio della Sensa a
Sant'Alvise, che divenne perciò senz'altro il "corso delle
cortigiane", frequentatissimo. Alla
sera, dopo la terza campana, le meretrici dovevano rientrare a casa pena una
multa e 10 frustate. 15 frustate era, invece, la pena per chi avvicinava
uomini nel periodo di Natale, della Pasqua e altri giorni sacri. Non potevano
frequentare le osterie e potevano girare per Venezia solo di sabato.
COME VESTIVANO
Quelle di
basso rango non avevano un vestiario uniforme perché «l’iniqualità della
fortuna fa che non tutte vanno pompose allo stesso modo». Portavano abiti tendenti «piuttosto al
virile», come giubboni di tela, camicie e braghe da uomo. Mentre quelle definite 'cortigiane oneste' vestivano pompose gonne lunghe
di raso ed erano spesso seguite da uno stuolo di paggetti. In ogni casa
c'era la "matrona", la direttrice, che controllava tutto anche la
contabilità e il pagamento delle tasse.
Veronica Franco |
DUE CATEGORIE
DI CORTIGIANE
C'erano
due categorie di cortigiane: quelle di basso rango che vivevano in casa malsane
e che erano frequentate dal popolino e quelle d'alto rango. Queste cortigiane
erano invidiate soprattutto dalle nobildonne, schiave di mille regole, per la
libertà che esse godevano e per le importanti amicizie che potevano
assicurarsi. I loro abiti erano elegantissimi, famose erano le loro chiome
biondo-rossastro, il famoso rosso Tiziano, spesso e volentieri potevano pure
dimenticarsi di sfoggiare i fazzoletti da collo gialli imposti dal Consiglio
dei Dieci perché tra i loro frequentatori non mancano alti magistrati della
Repubblica.
Paul Delvaux - Le cortigiane |
VERONICA
FRANCO
Una delle cortigiane più
famose nella storia, divenuta vera e propria eroina del '500, fu Veronica Franco, veneziana di
nascita borghese, famosa anche per i suoi sonetti e la sua poesia. Tra i suoi corteggiatori
contò Marco Venier (di antica e potente famiglia) e a un certo punto della sua
carriera sfidò a un duello all'arma bianca l'anonimo autore di certe poesie
nelle quali veniva pesantemente insultata per poi, una volta scoperto l'autore
delle offese, dedicargli duecentotto versi che iniziavano con un'ammonizione
che riprende una norma precisa del galateo cortese: "di ardito cavalier
non è prodezza" colpire una donna. Nel 1574 Veronica ricevette nel suo
salotto, in un incontro coperto dal massimo riserbo che tuttavia - o forse
proprio per questo - destò il massimo scalpore, Enrico di Valois, figlio di Caterina de' Medici in
procinto di ricevere la corona di Francia: Enrico ripartì da Venezia con un
ritratto in smalto della bella ospite, che lo ringraziò delle attenzioni
ricevute nel modo che le era più congeniale, cioè dedicandogli due sonetti.
Alla metà del XVI° secolo il numero
di queste cortigiane a Venezia ammontava al 10% di tutta la popolazione.
La grande città sull'acqua era nota
per la sua indipendenza e i suoi costumi rilassati. Anche gli inquisitori,
scelti dal Senato, cercavano di pacificare piuttosto di incitare alla rigidità
i dignitari della Chiesa
Cortigiane celebri - Romanzo |
cattolica; per questo era molto più facile essere
cortigiana a Venezia che nel resto d' Europa. Questo non significa che i
governanti veneziani non prestassero attenzione alla pubblica morale, ma essi
cercavano di tenere sotto controllo il fenomeno senza abusare del loro potere e
senza equiparare le cortigiane al diavolo o al peccato. In generale vigeva a
Venezia un clima di tolleranza, anche perchè era ben chiaro alle autorità
quanto bene potessero fare queste donne alla città. La prostituzione era
un'attività dagli alti profitti. Le cortigiane ricevevano i compensi per le loro prestazioni da clienti
spesso forestieri e depositavano il denaro nelle banche locali a favore dell'
intera economia cittadina.
A differenza delle prostitute di
basso rango, le cosiddette 'cortigiane oneste'' potevano vantare uno stile di
vita altolocato e avevano cultura e buone maniere. Esse venivano mantenute da
uno o più ricchi protettori, solitamente uomini dell'alta società, e godevano
di grande indipendenza e libertà di spostamento. Sapevano come comportarsi in
società, fare buona conversazione e a volte erano molto colte e dotate di talento
letterario.
Grazie agli splendidi regali
ricevuti dai loro clienti , le cosiddette 'prostitute oneste' potevano
permettersi spesso case calde
ed eleganti e a volte erano anche proprietarie di interi palazzi e
vivevano nel lusso, organizzando, come principesse, feste ed intrattenimenti
giornalieri.
Il mestiere della cortigiana era
tanto redditizio che c'erano madri disposte a pagare molti soldi per
l'educazione delle figlie, nella
speranza di vederle entrare nelle grazie di qualche nobile.
Le 'cortigiane oneste' spendevano
molto tempo nella cura del loro corpo (in questo non erano molto diverse dalle
signore dell'alta società). Secondo alcuni scrittori dell'epoca le cortigiane
spesso vestivano
Virgilia Oldoini, Contessa di Castiglione |
persino meglio delle nobili e a volte il loro abbigliamento
era tanto simile a quello di quest'ultime che era difficile poter distinguere a
occhio nudo le une dalle altre.
Uno scrittore inglese che si trovò a
passare per Venezia descrisse così le donne che aveva visto in città:
I capelli chiari delle dame
veneziane sono acconciati in trecce spesse che creano delle specie di corna
sulla loro testa; sul dietro scende un velo nero, che non copre nè i capelli nè
le spalle, nè i seni, che rimangono scoperti quasi fino al ventre. Le donne
sembrano essere più alte degli uomini perchè indossano
scarpe con zeppe molto alte (50 cm), ragione per cui due servitori
accompagnano la loro padrona: uno al quale la signora può appoggiarsi e l'altro
per portarle lo strascico. Donne giovani e meno giovani si muovono ondeggiando
e mostrano i loro seni nudi a chiunque le incontri.
La 'giornata di lavoro' delle
cortigiane iniziava con una passeggiata in compagnia dei loro amanti, i quali
facevano alle loro belle innumerevoli doni. Il divertimento continuava poi
nelle case delle stesse cortigiane , spesso trasformate in popolari salotti di
ricevimento, in cui si raccoglieva l'elite cittadina. I salotti di famose
cortigiane come Imperia, Clarice
detta Matrema-non-vuole, Tullia d’Aragona, Gaspara Stampa e Veronica Franco
erano frequentati da artisti e poeti di fama, membri dell'autorità locale e
nobili stranieri. Ad eccezione dei nobili forestieri , che erano invitati in
speciali budoir, tutti gli altri si radunavano in sale comuni. Per pungolare la
gelosia dei loro amanti, a volte le cortigiane si ritiravano per un po' di
tempo nella loro stanza da letto con uno dei loro ospiti. Nei salotti di
livello più alto si conversava di letteratura, poesia e arte. Imperia leggeva libri in latino e componeva
versi. Matrema-non-vuole era
così abile nell'arte della conversazione da essere paragonata a Cicerone e consoceva tutto
Petrarca e Boccaccio e molti versi latini a memoria. Gaspara Stampa and Veronica
Franco erano considerate poetesse di talento. Diversi frequentatori di questi salotti erano
insigni letterati dell'epoca che lasciarono diverse menzioni sulle cortigiane
nelle loro opere.
A quell'epoca i festeggiamenti
pubblici non erano molti, ed erano solitamente il carnevale, alcune feste
religiose o feste private in onore di qualche membro dell'alta società. Per
questo, molti uomini che avevano una certa cultura e si annoiavano a passare le serate in famiglia in
compagnia di mogli poco avvezze alla conversazione, venivano attirati
dai salotti delle cortigiane dove potevano divertirsi e intrattenere conversazioni
interessanti.
Ciononostante, la vita di queste donne 'libere' ante
litteram non era sempre rosa e fiori. A causa del loro lavoro esse erano spesso
colpite da una delle più letali malattie
dell'epoca, la sifilide, che a loro volta contribuivano a diffondere. A
differenza delle malate ricche e rispetatte, che potevano decidere di farsi
curare da luminari della medicina o lasciare l'alta società per ritirarsi da
sguardi indiscreti nei loro lussuosi palazzi, le prostitute che si ammalavano
erano condannate ad essere messe completamente al bando dalla vita sociale, a
perdere tutti i clienti e ad essere abbandonate da tutti alla più cupa
disperazione. Prima di cadere in questa condizione, molte di loro cercavano di
nascondere i segni della malattia per continuare ad esercitare la loro arte.
Non potendo rivolgersi ai dottori ( per evitare che il loro segreto fosse
rivelato), esse erano spesso costrette a chiedere aiuto a vari ciarlatani che
offrivono loro cure pseudo magiche . E anche se nel 1530 la malattia attenuò in
parte la sua diffusione, molte cortigiane continuarono a esserne colpite e a
soffrirne le tristissime conseguenze, truffate dai ciarlatani e dimenticate dai
loro amanti.
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