Cosa succede
nel nostro cervello quando siamo tristi, felici, impauriti o furiosi? È
possibile definire un 'cervello emotivo'? E perché le emozioni esistono? Le emozioni
rappresentano un duplice enigma. In primo luogo occorre chiedersi quale sia la
funzione di processi che così pesantemente influenzano il nostro comportamento,
il nostro pensare ed i nostri ricordi. Certamente non possono essere uno
scherzo della natura. In secondo luogo, occorre chiedersi quale sia il
correlato cerebrale di un vissuto così intenso e personale.
Certamente le
emozioni semplici sono nate per controllare la motivazione, cioè per guidare il
comportamento dell'individuo verso alternative che sono vantaggiose per i suoi
geni. A questo punto è evidente perché il piacere sessuale susciti una reazione
positiva così forte. Ma quali sono i correlati chimici di questo piacere?
Nel
1954 i due ricercatori Olds e Milner effettuarono
un esperimento che rappresenta una delle pietre miliari nello studio del
cervello. Inserirono in diversi punti del cervello di un ratto un sottile
elettrodo stimolante. Premendo una leva, il ratto chiudeva un circuito,
stimolando elettricamente la regione cerebrale nella quale l'elettrodo era
infisso. Quando
l'elettrodo era posto in alcune regioni critiche situate alla base del
cervello, il ratto premeva la leva fino quasi allo sfinimento senza farsi
distrarre neanche dall'offerta di cibo o acqua. Questo esperimento suggerì
l'esistenza di un particolare circuito neuronale la cui attivazione agisce come
una ricompensa, detto altrimenti, di centri del piacere nel cervello. Studi
successivi hanno dimostrato l'esistenza di 'centri del
piacere' nel cervello delle scimmie e anche di pazienti umani. Queste
regioni si trovano nella parte anteriore del cervello e se stimolate producono una sensazione simile all'anticipazione di un orgasmo.
Studi successivi hanno dimostrato che alla base di queste sensazioni c'è una
sostanza chimica detta dopamina. La dopamina è prodotta da alcuni
neuroni e viene rilasciata quando questi sono attivi elettricamente. Il
rilascio di dopamina in queste regioni del cervello provoca una sensazione di
piacere e molte sostanze stupefacenti,
direttamente o indiret-tamente, agiscono sulla dopamina. È possibile che lo
stesso meccanismo sia attivato, in misura minore, anche
da un sigaro cubano, da un bicchiere di ottimo vino, dai tagliolini al tartufo
e chissà, forse anche dai concerti brandenburghesi di Bach. Infatti, la dopamina è generalmente associata
a sensazioni piacevoli, ma i meccanismi che generano la specificità di
questi piaceri sono ancora sconosciuti.
Cosa si può
dire invece dell'emozione associata all'innamoramento? Studi effettuati nei
roditori indicano che due ormoni, la vasopressina nel
maschio, e l'ossitocina nella femmina,
sono di fondamentale importanza. Se questi ormoni sono bloccati le bestioline
non formano coppie. Anche negli umani questi stessi ormoni vengono rilasciati
al momento dell'orgasmo ed è stato suggerito (ma non provato) che possono
contribuire a rendere più saldo un legame sentimentale.
Questi stessi
ormoni negli animali sono alla base dell'attaccamento della madre ai piccoli: l'evoluzione crea la
possibilità di un legame di coppia sfruttando i meccanismi dell'amore materno
già esistenti e dirigendo verso il partner la risposta emotiva generata nella
madre dai propri cuccioli.
Una
caratteristica interessante collegata al corteggiamento e all'amore è l'uso di
espressioni e toni vocali che normalmente vengono usati quando si parla o gioca
con dei bambini. Quando due innamorati parlano, il tono della loro voce sale
diventando più acuto ed è molto comune riferirsi all'amato con vezzeggiativi
che sono sinonimo di bambino o cucciolo. Se questo non suona certo come
una novità, è interessante osservare come questo comportamento sembri
universale e non ristretto alla nostra cultura. Il rivolgersi nei confronti del
proprio amato come si farebbe verso un bambino potrebbe quindi essere espressione
di un meccanismo evolutivo simile a quello ha portato alla nascita della
monogamia nei roditori.
L'amore è
certamente la più sfuggente delle emozioni ed è impossibile rispondere alla
domanda che tutti si pongono "perché lui/lei e perché ora"? La biologia
potrà forse un giorno spiegare le sensazioni associate alle emozioni, così come
già oggi spiega perché la paura aumenta il battito cardiaco, ma non può
spiegare gli stimoli, le idee, i pensieri che scatenano le nostre emozioni.
Si sente spesso
dire però che l'amore è una questione di chimica, e si possono proporre
congetture ben informate sul tipo di cambiamenti nella chimica dei neuroni che
sono all'origine della tempesta emotiva che scuote il cervello degli
innamorati.
Prima di
cercare di capire cosa accade nel cervello degli innamorati, vediamo di capire
cosa succede nel loro corpo, ricordando che mente e corpo partecipano entrambi
all'esperienza di un emozione.
L'aumento
del battito cardiaco alla vista della persona amata è uno dei sintomi più
classici dell'infatuazione. Questo effetto
è sicuramente causato da un attivazione del sistema nervoso simpatico ed è
mediato dal neurotrasmettitore noradrenalina.
Alle stesse cause può essere ricondotta l'involontaria dilatazione della
pupilla che ha luogo quando si guarda una persona
attraente, il cambiamento del respiro e molte altre sensazioni fisiche
che ben conosciamo. Se i cambiamenti chimici e ormonali che sono alla base
delle sensazioni fisiche degli innamorati possono essere facilmente compresi
sulla base di conoscenze basilari di fisiologia, molto più arduo è invece
affermare con un certo grado di certezza quali cambiamenti nella chimica del
cervello siano alla base della sensazione emotiva collegata con l'amore.
Alcuni
psichiatri hanno suggerito l'esistenza di due
componenti nell'amore che lo accomunano a specifici disturbi psichiatrici: una componente euforica e una componente ossessiva.
L'euforia è
quella che ci tiene svegli la notte, che permette di fare cose che si credevano
impossibili, e che ci rende felici. È possibile che la
dopamina sia in qualche modo coinvolta nell'euforia. Un gruppo di
psichiatri pisano ha posto invece l'accento su di una seconda sostanza chimica,
la serotonina, e sul suo coinvolgimento nelle
ossessioni. Alcune coppie di innamorati hanno accettato di sottoporsi a un
prelievo di sangue, ed è stato rilevata una variazione della serotonina simile
a quella osservata in pazienti ossessivi. Un anno dopo però, la concentrazione
di serotonina nel sangue degli innamorati si è normalizzata. D'altronde, c'era bisogno di
complesse misurazioni chimiche per dimostrare che l'amore rende folli?
Innamoramento,
attrazione, passione e fedeltà ‘sono scritti’ in poche molecole chimiche
Ormai da anni
la ricerca scientifica ha evidenziato come i meccanismi dei sentimenti siano
strettamente legati alla presenza o all’assenza di alcune sostanze chimiche nel
corpo. A partire dai colpi di fulmine, sempre associati ad alte quantità di ormoni in
circolo: i ferormoni,
responsabili dell’attrazione sessuale e nell’uomo anche il testosterone, la cui
produzione è legata alla passione erotica. I ferormoni sono in grado
di produrre dei reali effetti attrattivi o repulsivi tra due persone in
funzione della loro compatibilità e sono il motivo per cui non è possibile
innamorarsi di una persona che abbia un odore che non sia gradito.
Anche l’amore
romantico è soggetto alle leggi della chimica, soprattutto nella fase iniziale,
caratterizzata da sensazioni sessuali ed emotive molto intense. L’innamoramento è
strettamente correlato agli effetti della feniletilamina e alla produzione elevata di dopamina e
norepinefrina (associate ad una bassa attività di serotonina nel
cervello). La feniletilamina è un ormone della classe delle
anfetamine che l’organismo produce naturalmente, dagli effetti simili a quelli
provocati da certe droghe o dagli sport estremi, come la riduzione
dell’appetito e l’iperattività, che si riscontrano tipicamente in una
persona innamorata. Ma l’azione della feniletilamina non finisce qui. Questa infatti
stimola il rilascio della dopamina,
un neurotrasmettitore che agisce su numerosi processi fisici e
psicologici. Tra l’altro, la dopamina è intimamente legata al sistema limbico, la zona del cervello sede delle emozioni e delle
funzioni vitali come la sete, la fame e la sessualità, e consente di
rinforzare alcuni comportamenti che apportano piacere e soddisfazione.
Quando un evento è più felice di quanto fosse sperato, la dopamina emette un
segnale di felicità i cui effetti euforizzanti spingono a ripetere
l’esperienza. È questo il motivo per cui si sviluppa un forte attaccamento
verso l’altra persona e la necessità di sentirla e vederla spesso.
Tuttavia,
secondo quanto ci dicono gli esperti, questo ’periodo magico’ non può durare più di sei-sette anni. Poco
a poco infatti l’organismo si abitua alla feniletilamina e l’allegria si
attenua. Per i ‘drogati’ di feniletilamina questo segna spesso
la fine della coppia e la voglia di cercare altri partner per poter ricreare
gli effetti euforizzanti della feniletilamina. La persona lasciata va invece in
deficit di questo ormone e si verifica ciò che viene comunemente chiamato ‘il mal d’amore’. Resta
comunque il fatto che, seppur svanita la fase dell’innamoramento, la chimica
continua ad essere protagonista e in questa fase ‘si può contare’ su altri
ormoni quali l’ossitocina e le endorfine. Come ha spiegato Armando
Zingales, presidente del Consiglio Nazionale dei Chimici, “nel rapporto
affettivo a lungo termine è ormai assodato l’importante ruolo svolto dalla
chimica. Per esempio, nelle donne è l’ossitocina a favorire l’attaccamento al proprio partner, o se si
vuole, la ‘fedeltà’, mentre nell’uomo è la vasopressina a svolgere un ruolo di sereno appagamento”.
L’ossitocina è ormai provato che generi un aumento della sensibilità
alle carezze e che spinga al contatto fisico e agli abbracci. Praticamente
una sorta di ‘colla ormonale’ che fa stare insieme per tanto tempo anche dopo
l’esaurimento della feniletilamina. Quando l’organismo sviluppa una tolleranza
alla feniletilamina e non si scatenano più gli effetti dirompenti presenti
all’inizio del rapporto, il cervello inizia a produrre le endorfine che apportano
calma e sollievo al dolore e riducono l’ansia, procurando una sensazione di
benessere che si traduce in una relazione affettiva molto forte che non si
vuole più interrompere. È
questa la fase dell’amore-attaccamento che può durare per anni.
“Il fatto che
la chimica sia così importante in tutti gli aspetti della nostra vita, compresi
quelli più intimi e personali come l’amore e la fedeltà non deve nè stupirci nè
disorientarci – sostiene Zingales. La natura non ha
paura della chimica, ma la usa sapientemente. Noi dobbiamo imparare a
fare altrettanto, perché non c’è vita senza chimica e la qualità della vita
dipende dalla chimica stessa".
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RispondiEliminaA tutti quelli che parlano anche di didattica voglio ricordare che sotto i titoli iniziali del blog “amore psiche gabry” compare un pulsante di rinvio ad un altro blog guidato da me “nuova didattica gabry” quelli cui interessano i processi dell’intelligenza il cervello e la didattica in generale sono i benvenuti. Grazie. Gabry
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