“ Ci sono giorni in cui avere in mano un ago, una stoffa o un uomo,
è la stessa cosa ” (Vittoria / Monica Vitti nell'Eclisse di Antonioni)
Sognatrice,
romantica, piena di verve ironica, protagonista indiscussa della commedia
all'italiana; prima ancora incompresa, depressa, struggente, rarefatta musa
della quadrilogia dei sentimenti (L'avventura, La
Notte, L'eclisse, Il Deserto Rosso) di Michelangelo
Antonioni. Senz'altro istrionica, amata attrice a tutto tondo è stata
Monica Vitti: in lei due volti e due immagini che - anche se si respingono -
sono essenziali per la storia del nostro cinema.
Monica Vitti - Una ragazza con la pistola! |
A lei e al film L'avventura il presidente
del Festival di Cannes, Gilles Jacob, hanno dedicato il poster ufficiale
dell'edizione 2009 e ne hanno presentato una magnifica copia restaurata dalla Cineteca Nazionale al gala della sezione Cannes
Classics. Monicelli raccontava: «Nonostante facesse dei film con Antonioni,
interpretasse personaggi da film muto, personaggi misteriosi, d'altri tempi,
nella vita invece era vivace, divertente, piena d'umorismo». La seconda Vitti conquisterà il
pubblico mettendo in ombra la prima.
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Fu quello dal drammatico al comico
un passaggio naturale per quest'artista insolita e versatile, capace di impugnare
i propri personaggi con un'ironia straordinaria, proiettandoli
oltre il grande schermo, e facendosi scudo e modello per le donne italiane.
Donne ancora inerti davanti all'esclusione sistematica di una società
maschilista e provinciale, masochisticamente
relegate ad un ruolo subalterno. E' lei in L'Anatra
all'arancia (1975) la borghese protagonista di una coppia radical-chic e
finto-aperta che nella competizione con la segretaria bambolona, la quasi
sempre nuda Barbara
Bouchet, finisce per rivelarsi inevitabilmente gelosa e tradizionalista.
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La irraggiungibile,
bellissima e incompresa, consacrata protagonista della tetralogia di Antonioni dalla fine degli sessanta cambia
decisamente registro per trasformarsi dunque in attrice
comica, interprete politicamente consapevole dell'affermazione della
donna nella nostra società. Dramma della gelosia
(tutti i particolari in cronaca), di Ettore Scola (1970), Polvere di stelle , di Alberto Sordi, (1973). Dirà
in un'intervista «Scoprire di far ridere è come scoprire
di essere la figlia del re», e ancora: «L'attore ha due handicap, io ne ho addirittura tre:
sono una comica cosiddetta, cioè un'attrice brillante, e allora prima di tutto
si aspettano che io faccia ridere con una battuta; poi c'è il fatto che sono una donna e poi un'attrice».
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Nella commedia le sue donne allegre e sospirate portano in controluce pulsioni
distruttive, misogine, autolesioniste, masochiste. La sua Dea di Polvere di
stelle è prima vittima sacrificale che diva d'avanspettacolo. In Noi donne siamo fatte così, di Dino Risi (1971), le contraddizioni di un rapporto
fra i sessi in evitabile cambiamento si sfogano sul corpo della protagonista, a
simboleggiare una liberalizzazione dei costumi contraddittoria e falsa.
Spiegherà poi: «Le donne mi hanno sempre sorpresa: sono forti, hanno la speranza nel cuore e
nell'avvenire».
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E' insomma la Vitti,
insieme a Mariangela Melato, protagonista
indiscussa sul grande schermo della trasformazione sociale degli anni 70. Una protagonista caricata
dagli inconfondibili vezzi esplosivi della sua infinita energia e di tanti
dubbi malinconici come spie di un progresso difficile a digerirsi. Di qui la
recitazione di una diva che non si è mai atteggiata a tale, e che della recitazione barocca ed esasperata sa fare cifra
senza esserne travolta. Proprio il registro comico rende il modello Vitti
accettabile per il pubblico, non disturbante. Con gli anni la sua figura si
arrotonda.
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Lo strano
bellissimo viso, quasi nordico, e lo
sguardo tagliente e segnato di bistro della tetralogia antoniniana lasciano il
posto a un ovale più tondo e familiare. Il suo
far ridere mette in secondo piano le gambe sempre
bellissime. Buffa e ironica Monica è rassicurante come le sue commedie.
Non per niente in quegli anni saranno le attrici straniere Charlotte Rampling, Catherine Deneuve, Maria Schneider a
interpretare le inquietudini drammatiche del nostro cinema.
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Ma la Commedia all'italiana ha "la sua Vitti":
una che piace alle donne
che in lei si identificano, mentre per i sogni dei maschi italiani si
guarda all'estero. Commenterà lei stessa «Le attrici - diciamo - bruttine che
oggi hanno successo in Italia lo devono a me. Sono io che ho sfondato la
porta». Recita la Vittoria protagonista dell'Eclisse: «Ci sono giorni in cui avere in mano un ago, una stoffa o
un uomo, è la stessa cosa». Chiaro, una così spaventava e spaventa.
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Se
la Giuliana devastata di Il deserto rosso, vittima della società
neocapitalistica, cui in una celeberrima battuta «fanno
male i capelli» è troppo borghesemente in là, stretta nel suo cappotto
verde, le difficoltà della Claudia dell'Avventura
si avvolgono di mistero per fissarsi lontane dai più, a Monica, finito il
sodalizio artistico e non solo con Antonioni, non resta che reinventarsi. Ovvio
dunque per lei entrare in sintonia con il pubblico grazie a La ragazza con la pistola, di Mario Monicelli, 1968, giovane siciliana sedotta e abbandonata, o in Ninì Tirabusciò, la donna che inventò la mossa,
1970.
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Con Amore mio, aiutami, di Alberto
Sordi, 1969, sono schiaffi a raffica. Ancora con Sordi, nel 1982 interpreta Io so che tu sai che io so, film sull'erroneamente
scontato quotidiano di una coppia romana. Il pubblico la ama, lei ci ride
sopra. E con l'ironia, la riservatezza, lo stile che contraddistingueranno i
suoi lunghissimi quaranta anni
di carriera potrà perfino permettersi di sfidare i
"benpensanti" senza eccessi e con intelligenza. «A letto succede di tutto»
osava ammettere. Ma a una così, con quel sorriso e quella voce inconfondibile
anche l'Italia d'allora non poteva che concedere.
Schiva, Maria Luisa Ceciarelli, in arte Monica Vitti, dirà
sempre molto poco del suo rapporto con Antonioni,
durato un decennio.
«Quanto Antonioni deve a me non lo so: non me lo sono mai chiesta e non
desidero saperlo», sarà il suo commento. Nel 1995
riceve a Venezia il Leone d'oro alla carriera.
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Nel 2000 sposa il
fotografo di scena Roberto
Russo. Da anni non appare più in pubblico. Dicono sia ammalata, per
certo ancora indomita. Nel 1988
Le Monde pubblicò la notizia della sua morte. Lei ringraziò i giornalisti
per una gaffe che di certo le avrebbe «allungato la vita». Quando l'ironia è di classe.
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Gabry, sono Maria De Angelis, ti ho già detto che apprezzo il tuo blog sull’amore. A marzo scorso mi sono sprecata dicendo che è equilibrato, tocca la psiche, la socialità, la passione, l arte e la scienza. Ripeto che tutto viene trattato con gusto ed equilibrio, rigore e professionalità, ma sempre con quella leggerezza che non sfocia mai nella pedanteria. Rischio di ripetermi, di solito i blog e i siti sull’amore o sono scientifici o sdolcinati, cioè o ermetici chiusi nella disciplina medico - psichica o mielosi - evanescenti al limite del gossip. Ora però devo dire che mi sei leggermente antipatico mentre prima mi eri simpatico. Scherzo, tutto per dire che non mi rivolgi una riga! Ma tant’è con centocinquantamila occhi addosso non sai dove guardare. Sono malignetta? No è che oggi è il mio giorno no e, forse non mi sento capita nemmeno da te, che adoro. In autunno ti mando degli scritti e ne vedrai delle belle! Ti bacio. Maria65
RispondiEliminaGabry sono Giusy Dandolo! A marzo scorso detti un consiglio a quel “tuo amico” che si era imbattuto in quella specie di Mata Hari! Che fine ha fatto? Non ne hai più parlato. Volevo sapere se gli avevo dato un giusto consiglio. Ripeto: Non so se mi legge, ma lo invito a ragionare. Che si aspettava da una che ha decine di storie ed è sempre sposata? Una che non ha mai amato e che non si è mai messa in discussione? Una che gioca coi sentimenti ma va a letto con tutti? Non sono moralista, ma questo non è amore, è solo “cazzi propri” va bene tradire per amore o per curiosità, ma tradire per vizio mai. Lo dice pure il diavolo, errare è umano perseverare è diabolico! A te un mondo ci baci. Auguri. Ciao Giusy66
RispondiEliminaGabry, are Abigail White usual precorri time! You posted Paradises liebe the film denounces the Austrian director Ulrich Seidl of 2012, to testify that women as well as men, they run behind "scribes and Pharisees, hypocrites!" And they do not want responsibility, saying instead that he had made a certain noble action and to have contributed to the economic development of a country in difficulty. Now with respect to sex as a drug and curiosity, gender differences will become increasingly more. You always read and I like you more and more, even when mature succinct girlie places for your students! Am I right? Scherzo. With so many readers you have to cope with the most diverse requirements. What can I say it's hot here but I read online that you will have a Torrid Saharan and August. I embrace you. Abigail59
RispondiEliminaGabry, sono Abigail White al solito precorri i tempi! Hai postato Paradises liebe il film denuncia del regista austriaco Ulrich Seidl del 2012, a testimoniare che anche le donne come gli uomini, corrono dietro a “scribi e farisei ipocriti” ! E non vogliono responsabilità, si dicono invece certe di aver compiuto un azione nobile e di aver contribuito allo sviluppo economico di un paese in difficoltà. Ormai rispetto al sesso come droga e curiosità, le differenze di genere si assottigliano sempre più. Ti leggo sempre e mi piaci sempre più anche quando posti donnine mature succinte per i tuoi studenti!! Dico bene? Scherzo. Con tanti lettori devi tenere testa alle richieste più disparate. Che dire qui fa caldo ma leggo in rete che avrete un torrido e sahariano agosto. Ti abbraccio. Abigail59