Religiosità
e amore
Nei
Vangelí Dio viene chiamato «Padre nostro» e ci si rivolge a lui con semplicità
e senza paura.
Poiché la
religíone evolve con l'umanítà, ci sono degli aspetti
della religione che ormai, in Occidente, non comprendiamo più o comprendiamo sempre meno. Non
aspetti secondari, ma essenziali. Aspetti che non vengono rifiutati solo dal
nostro íntelletto, ma dal nostro sentimento, che ci sembrano assurdi, o
superati, talvolta addírittura ignobili. Per esempio quelli dí eresia, di
ínquisizíone, di persecuzíone religiosa. Ma vi sono dei mutamenti anche nei
modi dí sentire e concepire il sacrífícío, íl peccato, la punízíone. La collera del Dio, il tremendum.
Rembrandt - Il sacrificio di Abramo, 1635, Olio su tela, The Hermitage |
Il sacrificio è
sempre stato al centro dell'esperíenza relígiosa. Per qualcuno, come Freud o come René Girard,
ne è addirittura l'essenza. Il sacrificío è un atto
di víolenza compiuto sulle primízie dei campi, sugli animali, su dei
prigionieri o, come nel caso di Agamennone e Ifigenia, suí propri fígli. Ún atto di víolenza che
rende quella cosa sacra, dívína essa stessa, appropríata al dio. Violenza sacra quindi, per una dívínità che desídera essere pregata, supplicata, che si compiace del sangue
e della sofferenza
che le vengono dedícati. Il sacrificio deve calmare la violenza collerica del dío e la temíbílità
della natura che non rispetta regole, patti, che è caprícciosa e spietata.
Veronese - il sacrificio di Abramo |
È
per íngraziarsi questa entítà tiranníca, che l'uomo
sí butta a terra, implora e gli offre la parte miglíore del gregge, le
primízie, i prigioníerí. Pensiamo all'avidità dí sangue degli dei aztechi. Questo típo di sacrifício è scomparso, lo
comprendiamo sempre meno. Ma gíà nella Bibbia Dio dice che non vuole più sacrifici, vuole íl
rispetto della legge. Vi è anche, certo, un sacrificio per amore, la dedizione
di una parte di sé, un dono. E
chiunque amí, desidera donare quanto ha di più prezíoso all'amato. È ín
questa forma che sopravvive oggi il sacrificío. Ma perché chiamare sacrificio
un atto gíoíoso, privo di ogni violenza? Col Cristianesimo avrebbe dovuto sopravvivere
solo questo tipo di sacrificío.
Guercino - Cristo e l'adultera |
Nei Vangelí Dio viene
chiamato «Padre nostro» e ci si rivolge a lui con semplicità e senza paura. Invece
è restato il peccato, la punizione,
l'inferno che dominerà tutta l'epoca crístiana. Il Dio del Cristianesímo è
duplice. Da un lato è dolcezza, amore,
dall'altro è un despota che punisce la più lieve ínfrazione alla sua legge con tormenti eterni. Duplice è percíò íl rapporto
con lui. O lo si ama perché illumínati dalla sua grazia, o lo si teme per paura degli eterni tormenti.
Il peccato è offesa a Dio, una offesa che suscíta la sua collera e la sua punízíone.
Noi non abbiamo
più il senso del peccato perché siamo
convinti che Dio non si offende più, non si incollerisce più.
Lawrence Alma Tadema - Morte dei primogeniti in Egitto 1872 |
Perché non è più
né un patriarca geloso,
né una personíficazione della natura terrificante, né una elaborazíone dí paure infantili. Il
peccato è svanito dal mondo con la scomparsa della paura della punízione. Peccato e punizione fanno
un tutt'uno. La collera del dio, ciò che rende la nostra mancanza peccato, si
esprime nella punizione o si estingue nel perdono, ma non svanisce nella
compassione. Invece la dívinità che oggí possíamo
concepire compatisce gli uomini per la loro piccolezza di creature naturali,
per la loro stupidítà. Non può prendere sul serío la loro malvagità. Noi non puniamo più con castighi corporali i nostri bambiní.
Non usiamo più la tortura, perché
dovrebbe farlo Dio? Visto che noi non consideriamo più la vendetta una virtù, perché dovrebbe essere
vendicativo
Il sacrificio di Isacco - Caravaggio |
Dio? Nei dogmi del Cristianesimo resta incorporato un rapporto fra
uomo e natura, sovrano e
suddito, padre e fíglío che oggi è scomparso. È per questo che le pene
date da Dio, siano esse ínfernali o terrene, ci
appaiono mostruose, íncomprensibili e perverse. E così svanísce la paura
dell'ínferno, della più incredibile costruzione teologica cristíana, tanto
incredibíle che noí facciamo fatica ad immaginare che
qualcuno abbia potuto pensarla, crederci. La casa dell'eternità di Camporesíz è la
descrizione del più spaventoso delirío, durato secoli, millenní. L'unica
spiegazíone che ío riesco a darmene è che, in realtà, la gente non pensasse in
continuazione all'ínferno, vivesse un po' come oggi e vi pensasse solo in punto di morte. In questo caso l'idea dí un premio-punízione era
addírittura un sollievo perché consentiva di agire, di fare qualcosa.
Jan Massys - Davide e Betsabea 1562 |
Pentendoti e pregando tí assicuraví il purgatorio
e il paradíso.
La paura
dell'inferno sostituiva, e vantaggiosamente, la paura della morte. Dava il
vantaggio di poter agire! Davanti alla morte non puoi fare nulla, ma davantí all'inferno basta
pentírsi e pregare, e la paura svanirà. Basta, come dice Dante, una
«lagrimetta». L'inferno doveva percíò essere spaventoso per scacciare la più
spaventosa di tutte le paure. Gli indianí hanno esorcizzato
la paura della morte facendo temere le infinite rinascite. Il Cristianesimo
facendo temere l'inferno. L'inferno perciò è una paura di copertura, sostitutiva di quella della morte. E tutte le sue
terrificantí descrizioni servívano a questo scopo.
Antonio Cifrondi - Passaggio del Mar Rosso - Chiesa di San Giorgio - Nese di Alzano Lombardo - Bergamo, |
Ancora oggí, spesso, è solo
in presenza della morte che la gente prega. Ma non prega certo per paura dell'inferno
o per andare ín paradiso. Prega rimettendosi nelle
mani di una potenza benigna, per confídare in essa. Ma anche la gloria,
la glorificazione di Dio
sta cambiando significato. Perché Dío ha bisogno di lodí che cantano la sua gloria?
Ne hanno bísogno il capo, il re, í guerrieri,
per vedere riconosciuta la loro forza, il loro primato rispetto agli altri
guerrieri, agli altri re. Ne hanno bisogno per diffondere il loro nome nel
mondo, per assicurarsi la continuazione delle loro gesta
dopo la morte. Gloria e
fama sono la stessa cosa, sono il ríconoscimento del nostro valore e il
suo rícordo. Ne aveva perciò bísogno un dío tríbale,
il dio di una città e di un popolo, per affermare la sua superiorità
sugli altri dei. Tutto questo è finíto. Della glorificazione resta la parte più
profonda, essenziale, che scaturisce dal sentimento
creaturale e dall'amore.
Martin John - Le sette piaghe d'Egitto - 1823 |
È la lode e il ringraziamento a ciò che è
ammirevole e perfetto, a ciò che merita ogni amore. Come nel Cantico delle
creature. Si va riducendo anche la richiesta continua
di una «grazia», di un favore. Come fare un buon affare, vincere una
gara, guarire da una malattia. Perché la nostra vita non dipende píù, come
quella degli antichi, da forze
incontrollabili. Ed anche perché la lungà consuetudine con la scienza ha
portato un po' tutti a non cercare di infrangere l'ordine della necessítà, il
corso naturale del mondo. Questo anche se, per uno spirito religioso, Dío può
fare ogní cosa, anche distruggere e ricreare l'universo e le sue «leggi
naturali» in ogní istante.
La domanda dí un
intervento sovrannaturale è sempre stata una delle basi fondamentali della
religíone ed è stata molto spesso
apparentata con la magia. Il culto dei santi è quasí tutto di questo
genere. Il santo si invoca per qualcosa, e poí sí ringrazia con l'ex voto. Preghiere, richieste, ringrazíamenti fattí a chi è
potente, a chi controlla le forze incontrollabili del destino e della
natura, al padrone delle tempeste e della fortuna. Richieste pressanti che
assumono quasí la forma
dello scambío, del “do ut des”.
Rembrandt - L'adultera |
Nel padrenostro ci si límita a chiedere il pane quotidíano, la remissione ' dei debiti se
abbiamo agito moralmente, e di non indurci in tentazione. Oggi cí vergogniamo
sempre di píù a chiedere che un affare vada bene, di guadagnare del denaro. La preghiera tende a díventare una sommessa richiesta di aiuto
contro il dolore, la morte, soprattutto per chi amiamo. «Liberaci dal
male», si riferisce alla malvagità altrui, ma anche alla nostra. La preghíera per una guerra assume un carattere blasfemo
quando la vediamo sulla bocca di due popoli che si odiano e che stanno per
gettarsi l'uno sull'altro. Ci ricordiamo dí quante guerre sono state fatte nel nome dí Dío e
ne siamo inorriditi. Ma sono cose che gli animi più nobili della tradizíone gíudaico-cristíana hanno sempre saputo.
E, cíoè, che a Dio non si deve chíedere íl male
degli altrí, né utilità personali, né tutto cíò che ha rapporto con la
vanità e l'egoismo, neppure con la vanità e l'egoismo del gruppo a cui
apparteniamo.
Rembrant - Lapidazione |
La preghiera tende sempre più ad
essere una accettazione fiduciosa della volontà
divina, del suo piano provvidenziale, un congiungimento con lui, dimentícando
se stessi e le miserie presenti. Un domandare
sommesso, ma senza fare ríchieste precíse, uno
sperare senza però attendere la puntuale realizzazione del desiderio.
Quíndi un confídare, un rímettersí alla sua
benevolenza e alla sua saggezza, alla sua intenzione nascosta, al suo amore. Bontà
e amore. Gli ultimi attributi di Dio sono questi.
La religione,
oggi, è sempre meno il tremendum cioè íl terrore panico, il brívido agghiacciante, di
cui parlava Rudolf Otto. È íncredibile quanto
sia invecchiata la sua descrizíone del divíno. La scienza ha dissolto la
terribilità della natura, l'ha svuotata del suo significato sovrannaturale,
della sua condizione di angosciosa creaturalítà. L'ha raffreddata, disíncantata. Se rileggiamo la
risposta che Dío dà a Giobbe, in cui esalta la sua
potenza, ne restíamo irritati. (Da F. Alberoni – Valori)
Dorè - Lapidazione |
Gabry, i tuoi cosiddetti temi religiosi, di cui è farcito il blog, fanno a pugni con la pletora di nudi che lo affollano! Mi ricorda l’arte del Rinascimento che citi nel sesso di Cristo in un recente Post. Eppure è tanta la grazia con cui li fai convivere, che il tutto mi appare quasi naturale. E tu sai come la penso! Il tuo Blog mi piace, non riesco a staccarmene. Ora ho letto Religiosità e amore, Alberoni è sempre puntuale e convincente. E tu che cerchi tutto questo mi hai quasi stregata. Ciao. Ti leggo. Antonella Liberti
RispondiEliminaCiao Gabry,
RispondiEliminaTi scrivo sul far della notte. Questo è il momento in cui il pc è mio. E’ un lunedì qualunque delle mie ferie e tutti sono liberi, padri e figli! Quanti rimorsi nella vita, quanti se e quanti ma. Oggi il mio bilancio è positivo per l’aspetto famiglia, ma disastroso per gli affetti. Tutti mi vogliono “bene” ma nessuno mi ama, nemmeno la persona con cui sto, ma non è mio marito. Forse questo l’ho già detto e mi parlo addosso, ma sopportami. Tu sei diverso altrimenti non creavi un Blog sull’amore. Nessuno ha mai pronunciato per me una sola, dico una sola, delle parole o delle emozioni che spandi a tutti quelli che ti leggono. Ma mi chiedo se sei tu eccezionale e gli altri sono dei nani o (quasi tutti) sono freddi, egoisti, distratti e superficiali. O la vita è tutta qui, visto che non sono una ragazzina? Poiché io vedo le cose come le vedi tu, allora siamo solo due persone eccezionali? Non credo, ce ne sono tante altre che per paura, per convenzione, per lasciar vivere, si tirano a campare. E sprecano la vita e la fanno sprecare agli altri che la vorrebbero vivere in maniera allegra, sincera, spontanea, prorompente. Ma se lo fai, ti additano come quando hai messo le calze storte. Una vita niente di che, a me bastano le considerazioni contenute nelle tue ultime poesie o i tuoi “pensieri e parole”. Sono folle? Chiedo la luna? Non credo. Non sono nemmeno invidiosa della tua vita o delle persone che ami, chissà quanti guai pure tu! Solo che almeno tu pensi e vivi come io sogno, cosa che in casa mia è di fatto vietata, perché vengo apostrofata sognatrice, avvocato delle cause perse, bambina non cresciuta, cosa ti manca, pensa positivo ecc. e questo per tutti, compagno, amiche, figli e genitori inclusi. Non voglio un amante da tenere nella borsa come i fazzoletti e piangerci dentro quando le cose non vanno. Ne cambiare uomo ogni lustro, mentre continuo a vivere con il mio compagno. Questo no! Vorrei solo “l’Amore” e se non me lo da lui, allora voglio un nuovo amore, ma solo l’amore, un amante è solo la pillola contro l’emicrania. Rileggo le mie frasi di una volta. Forse mi ripeto. Ma è la mia vita. Non so perché dico tutto questo! Eppure sono sicura che mi capisci, ecco perché te lo dico.
Giuliana Passera58
Gabry sono Pina Lo Russo e curo la storia della donna i costumi, l’amore e il sesso nella storia. Mi pice come hai postato i recenti post religiosi. A tale uopo ti inoltro una verifica di questo versetto sul Deuteronomio. Mi dai un tuo parere. Mi un isco alle tante persone che ho visto. Per ora ti saluto. Ciao. Pina69
RispondiEliminaDeuteronomio 24:1-4
Quando un uomo sposa una donna che poi non vuole più, perché ha scoperto qualcosa di indecente a suo riguardo, le scriva un atto di ripudio, glielo metta in mano e la mandi via. Se lei, uscita dalla casa di quell’uomo, diviene moglie di un altro e se quest’altro marito la prende in odio, scrive per lei un atto di divorzio, glielo mette in mano e la manda via di casa sua, o se quest’altro marito, che l’aveva presa in moglie, muore, il primo marito, che l’aveva mandata via, non potrà riprenderla in moglie, dopo che lei è stata contaminata, poiché sarebbe cosa abominevole agli occhi del Signore. Tu non macchierai di peccato il paese che il Signore, il tuo Dio, ti dà come eredità.
P.S. Hai dei post intrisi di sesso! Non è un po’ gratuito? Non vedo la finalità. Ma ti credo. Vorrei almeno una spiegazione. Mai una critica. Spesso anche le cantanti le attrici sono riprese sempre nelle nudità più boccaccesche. Degne di Playboy. Quantunque io sia molto liberale e tollerante. Ma vedo in te un aspetto più oscuro, ti circondi di sesso, scienza,arte e religione, che a volte fanno a botte tra loro. Come mai? Però ti ammiro! Ancora ciao. Pina69