Da
una lettura di Francesco Alberoni
L'amicizia
non è una continuazione dell'amore!
L'innamoramento,
finché è vivo, rende inconoscibile l'altro. Tende alla collettività e spinge l'individuo
a trascendersi nella collettività. Se continuiamo ad essere innamorati di una
persona, anche dopo anni di separazione, continuiamo a non sapere che cosa veramente fosse e che
cosa veramente pensasse. Di un amore che non si è consumato nella quotidianità, ma che è stato
troncato, non sapremo mai neppure se l'altro ci amava veramente oppure no.
L'innamorato non è mai sicuro dell'amore dell'amato se
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l'amato non glielo dice.
Solo chi non è innamorato può capire se l'altro è innamorato, da comportamenti,
gesti tipici. Il non
innamorato diagnostica. L'innamorato
spera.
L'innamoramento
può continuare, farsi istituzione, e allora diventa amore reciproco, stabile, profondo.
Può invece fallire. In questo caso, in genere, non termina per consunzione
lenta, pacifica. La
sua fine è sempre drammatica, dolorosa. C'è sempre delusione.
L'innamoramento è una ricerca della reciprocità, una esplorazione del
possibile. Ciascuno chiede all'altro delle
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cose che non ha o non può dare,
delle cóse che non può fare. Ciascuno incontra sempre, nell'altro, dei punti
di non ritorno. La
disperazione che appare al punto di non ritorno rivela gli aspetti più profondi
della persona, i cardini su cui è costruito l'io. È contro questi
ostacoli, questi punti di non ritorno, che l'amore si infrange. Agli occhi
dell'innamorato i rifiuti dell'altro sono debolezze colpevoli, limiti assurdi. Se
l'altro non fa ciò che lui chiede non si sente riamato « abbastanza». Perciò
dice di no, se ne va. Perché pensa: se lui non fa cose di così poco conto,
allora vuol dire che non mi ama. L'ostacolo che interrompe lo sviluppo
positivo dell'innamoramento è sempre dovuto à qualcosa che sembrava troppo
banale per poter provocare un tale effetto.
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Tanto banale da farci dire che l'altro
ci amava troppo poco, non a sufficienza. Ma poiché l'amore o è o non è, e non ci sono gradi,
chi si sente amato in modo insufficiente preferisce rinunciare a tutto.
Entrambi, così,
rinunciano all'amore perché non si sentono amati abbastanza. Entrambi arrivano
a questa conclusione perché ciascuno rifiuta qualcosa che, invece, potrebbe
fare. Ma, a distanza di anni, quando l'innamoramento è finito, quello che
sembrava un ostacolo meschino appare ciò che in realtà era: un asse portante della persona.
Tutti gli intralci casuali erano nodi del carattere, perni fondamentali in cui
l'amore inciampava nel suo turbinoso trasformare. D'altra parte ciò che
appariva troppo poco, oppure non a sufficienza, confrontato con altre
esperienze, appare ora molto, moltissimo. Quella che veniva giudicata alterigia
viene, ora, vista come
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insicurezza, paura. Ciò che sembrava superficialità era
coraggio, l'incertezza disperazione. Le persone si vedono, per la prima volta,
oggettivamente e l'una dal punto di vista dell'altro.
C'è un luogo
comune, una leggenda che si riproduce, in tutte le forme, secondo cui, l'innamoramento, anche quando
finisce male, conduce all'amicizia. I due che, innamorati, non si
conoscevano e non si comprendevano; ora si accorgono che, in realtà, si
conoscevano a fondo e, Iiberati
dalla passione, si amano come amici. Questo, in genere, non è vero. L'innamoramento, quando finisce, lascia sempre qualche
rancore, qualche amarezza. Anche dopo anni
ciascuno rimprovera all'altro di non aver saputo conservare e di non saper
ritrovare il paradiso perduto. Gli ex innamorati vorrebbero ritrovare l'emozione
entusiasmante delle origini e, poiché sono solo loro due, e non ci sono altre
cause che ostacolano la loro azione, si accusano l'un l'altro di non saper far
rivivere ciò che è morto. I
loro cuori sono sempre pieni di nostalgia e la nostalgia crea risentimento.
Soprattutto in quello dei due che ha avuto l'impressione
di essere stato più danneggiato, di essere stato ingannato.
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È perciò
molto difficile, contrariamente a quanto si dice e, soprattutto, si spera, che
l'innamoramento, finendo, lasci una serena amicizia. Lascia piuttosto il desiderio
ossessivo di manipolare l'altro, di occupare i suoi pensieri, di attirare la
sua attenzione, senza Iasciarlo un attimo solo. L'amore, quando finisce male,
si trasforma spesso in desiderio di possesso, testardo, rapace. Questo
desiderio di continuare ad esistere nel cuore dell'altro può ispirare azioni grandi ed
eroiche, può spingere, chi ha delle doti creative, a realizzare un'opera
d'arte. L'amicizia fra ex innamorati è,
perciò, difficile, proprio, perché in Ioro continua ad agire il
desiderio del paradiso perduto e il
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risentimento nei riguardi di chi non lo ha
saputo realizzare un tempo e non sa evocarlo ora. L'amicizia può sorgere solo quando tutti questi
fantasmi sono stati dissolti. In genere quando entrambi si sono
innamorati un'altra volta. Solo un nuovo innamoramento distrugge il risen-
timento. Solo un nuovo innamoramento felice
ripercorre il passato col suo fuoco purificatore. Solo quando questo innamoramento
è diventato amore sereno, possono ritrovarsi serenamente. Allora tutto dipende dalle virtù che
possedevano veramente. L'amicizia è un giudice impietoso, non, ammette
eccezioni. Se avevano delle qualità che anche Ia lucida coscienza riconosce
come valori, può sorgere l'amicizia.
L'amicizia
non è, quindi, una continuazione dell'amore.
È la riscoperta, della
persona un tempo amata. Non più con gli occhi entusiasti dello stato
nascente, ma con quelli
attenti dell'incontro. In
questo caso iI passato non va perduto. Costituisce lo sfondo di una solidarietà
profonda.
Perché, allora,
la gente dice così spesso: « Siamo rimasti amici »? Forse,
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semplicemente, per
indicare che sono rimasti in buoni rapporti, che fra di loro non c'è più
risentimento e rancore. O che provano un reciproco affetto. Due persone che
si sono amate, e che non si amano più, possono
soccorrersi in caso di pericolo, essere solidali. Lo fanno perché si
conoscono e perché hanno un passato in comune. Ciascuno di essi è, nei riguardi
dell'altro, un «prossimo», a cui si deve aiuto ed anche un po' di riconoscenza.
Spesso, però,
la gente dice «siamo rimasti amici» proprio per negare ciò che continua ad esistere:
il desiderio ed il rancore profondi. Dice
così per convincersi di aver domato i demoni. L'amicizia apollinea serve a
nascondere la tentazione e la paura del dionisiaco. A volte, infine, questa
frase serve solo a dire che i due ex amanti hanno conservato dei rapporti
civili, cortesi, non avvelenati dall'odio. Marilyn Monroe e Arthur Miller,
dopo il divorzio, continuavano a parlare bene l'uno dell'altro; dicevanò, in
continuazione, di essere rimasti amici. Ma era vero? In realtà non si sono più
incontrati. Forse se lo ripetevano solo per poterci credere, per esserne
sicuri. Tutto questo conferma solo quanto in realtà
sia difficile arrivare all'amicizia partendo dall'amore.
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