Esibita nei circhi, sezionata dagli
scienziati dell'800, la Venere nera ha ossessionato il regista Kechiche. Finché
ha trovato in Yahima Torrès un'appassionata interprete.
E’ un film su una donna vissuta due
secoli fa. Ma una donna molto diversa dalle altre, misteriosa e deforme
(secondo i canoni occidentali), per questo vilipesa, sfruttata, violentata. Una
freak ante litteram. Da anni Abdellatif Kechiche (La schivata, Cous cous) era
affascinato dal mistero di Saartjie Baartman, la
Venere ottentotta il cui corpo è stato conservato per decenni a Parigi al Musée de l'Homme.
Donna ottentotta con steatopigia - dipinto - Saartjie Baartman |
Il regista franco - tunisino è tra i pochi ad aver visto il calco di gesso di
quel corpo, ma più che la bassa statura o le natiche smisurate ha conservato
negli occhi l'espressione del viso della ragazza. "Kechiche mi ha
raccontato che era una smorfia disperata su un viso invecchiato anzitempo, segnato dall'alcol, e da quello
che le era capitato". Lo racconta l'attrice cubana Yahima Torrès,
30 anni, arrivata a Parigi nel 2003 e diventata la Venere nera del film di
Kechiche, è il suo primo ruolo, difficile e doloroso.
Donna ottentotta con steatopigia - dipinto - Saartjie Baartman |
Come Saartjie anche lei è
nera (però molto meno scura) e abbondante. Ma nella vita è un'habanera allegra
e luminosa. Arriva all'appuntamento con una deliziosa acconciatura: due
treccine rigide all'insù, come quelle di Pippi Calzelunghe, le incorniciano il
viso. "A Cuba nessuno si fa problemi per come sei fisicamente. Il mio
corpo mi è sempre stato amico, mai l'ho sentito come un ostacolo. E nel ruolo
di Saartjie ho avuto diritto a natiche in silicone, perché persino le mie erano troppo
piccole". Lo dice sorridendo mentre con impeto si avventa sul cappuccino.
Venus Noire - Abdellatif Kechiche |
Arrivata in Inghilterra dal natio Sudafrica nel 1810, a 21 anni, mostrata in un baraccone come
un orso ammaestrato dall'afrikaaner per il quale faceva la cameriera a Città
del Capo, Saartjie Baartman divenne, alla morte, oggetto di studi
scientifici in Francia (dov'era giunta nel 1814), da parte dell'Accademia Reale
di Medicina. Gli scienziati erano incuriositi soprattutto da una parte del suo
corpo, la più ambita e l'ultima a essere asservita, mercificata: il sesso.
"Le donne ottentotte erano note per avere un sesso
esteso e prominente, lo chiamavano "il grembiale genitale ottentotto",
continua Yahima alla quale per fortuna sul set la protesi genitale è stata
risparmiata.
Sophia Castello, venere hard del 3° millennio |
Nel 1815, quando Saartjie, ormai prostituta e attrazione dei
salotti dell'alta società, muore di polmonite e
malattie veneree, Georges Cuvier, il più famoso anatomopatologo
dell'epoca, non deve faticare per avere un cadavere che nessuno reclamerà. Fa
un calco di gesso dell'intero corpo e poi lo seziona. La Torrès ricorda con
poco entusiasmo quando, con i grandi fianchi fasciati in un lenzuolo, Saartjie
è condotta davanti a Cuvier. Nel film di Kechiche è una delle scene più
spietate. "Quella volta Saartjie riuscì a fuggire dal gruppo di scienziati
che volevano obbligarla a
mostrare i genitali.
Donna ottentotta con steatopigia 2 |
Scappò via correndo. Ma io mi sono identificata con
lei soprattutto nella scena in cui la definiscono scimmia,
e lei, che parla soltanto afrikaaner, non riesce a difendersi. Lì mi sono
sentita davvero ferita, ho sentito il razzismo sulla mia pelle". Dopo la
morte, il corpo della ragazza arriva sul tavolo di marmo di Cuvier. Gli organi genitali e il cervello
finiscono in vasi di formalina, per essere studiati (nel 1817 fu così stabilita "l'inferiorità razziale
della boscimana") e poi esposti, assieme allo scheletro e al calco, nel
Musée de l'Homme.
Venus Noire - Abdellatif Kechiche 2 |
Nel 1976, anche per le proteste
dei visitatori, l'allora direttore André Langaney sottrasse la Venere
ottentotta agli sguardi morbosi della gente. E nel 2002
lo scheletro di Saartjie tornò a Città del Capo, dove fu accolto con
tutti gli onori, non solo dalla sua tribù (i khoikhoi), ma dall'intero paese
che oggi la considera un simbolo
dello schiavismo e dell'oppressione coloniale. Solo il calco del corpo è
rimasto in deposito a Parigi; fu esposto per l'ultima volta nel '94 al Musée
d'Orsay. Nessuno ha mai svelato i misteri della vita della Baartman, della
quale restano poche tracce nelle cronache d'epoca.
Sophia Castello, venere hard del 3° millennio 2 |
Kechiche ne ha ricostruito
l'esistenza senza
esprimere giudizi, con lucidità e poco compiacimento, mostrando anche
alcuni bianchi buoni, come gli attivisti della Società Africana di Londra che
cercano di strappare Saartjie al suo manager Caezar (bravo l'attore sudafricano
André Jacobs). Ma al processo che avrebbe potuto restituirle la libertà,
documentato dai giornali di allora, lei nega di essere stata sfruttata
affermando che Caezar la rispettava e le permetteva di essere un'artista.
Venus Noire - Abdellatif Kechiche 3 |
Tra
molti crudeli primi piani (girati anche per
motivi di budget, ha detto il regista) ci sono due scene d'assieme nelle quali
la Venere ottentotta esprime se stessa: quando, durante il patetico spettacolo
circense a Piccadilly, uscita dalla gabbia si mette a cantare e suonare una
struggente canzone africana; e quando, in un salotto parigino, si libera dal guinzaglio e danza.
Spiega Yahima: "Saartjie arriva in Europa perchè vuole cantare e ballare.
E pensa che Caezar, il suo padrone, le permetterà di farlo. Lui non è poi così
cattivo, ma sa quali sono i gusti della gente, e cerca di assecondarli.
Venus Noire - Abdellatif Kechiche 4 |
La
sfrutta perché in Europa è un freak e gli farà guadagnare molto". Come si è sentita a essere
palpeggiata, pizzicata, montata come un bestia da soma? "Prima
dell'inizio delle riprese abbiamo provato molto. E posso dire che al primo ciak
ognuno sapeva benissimo la sua parte. Eravamo come una compagnia teatrale,
unita da un sentimento di solidarietà. Ci sono stati momenti duri, ma il
regista, gli attori e i tecnici non mi hanno mai abbandonata: capivano che era la mia prima volta e facevano a gara
per starmi vicino, rassicurarmi. Sono sempre stata dalla parte di Saartjie.
Sophia Castello, venere hard del 3° millennio 3 |
Mi
rendevo conto che raccontando la sua vita con sincerità le avrei reso un
servizio. Questa è stata la mia sfida: far conoscere la sua storia, riscattarla, darle
l'importanza che merita e che non ha avuto nella vita". Prima di diventare
attrice - cosa che ora vorrebbe fare a tempo pieno - la Torrès lavorava a
scuola, con i bambini. L'incontro con Abdellatif Kechiche sembra nascere sotto
un cattivo destino. Nel 2005 il regista, già stregato
dal mistero della Venere ottentotta, la vede passeggiare per una strada
di Belleville. La segue, la ferma, le racconta il film che ha in testa. Si
scambiano i numeri di telefono.
Venus Noire - Abdellatif Kechiche 5 |
Ma in quel momento lui sta preparando Cous
cous, che uscirà nel 2007, e il "vero" incontro avverrà solo quattro anni più tardi.
Presentato nel 2010 alla Mostra di Venezia, Venere
nera non è un film d'azione, non racconta una storia
"dinamica" ma percorre incessantemente i volti dei protagonisti. Come
se, anche nel caso di un'anatomia sbilanciata, l'espressione di un essere umano
superasse sempre il suo corpo. è un film lungo (due ore e quaranta) e crudele, non tanto per le
situazioni fisiche ma per quelle psicologiche. Il pubblico partecipa alla
caduta di Saartjie, alla sua discesa all'inferno, e al proposito Kechiche non
risparmia davvero nulla. "Dall'attimo in cui Abdel mi ha proposto il film
ho iniziato a informarmi sul personaggio, e ho subito capito che il mio compito
non sarebbe stato facile.
Venus Noire - Abdellatif Kechiche 6 |
E durante le riprese ho cercato di non cadere mai in
depressione". Un ruolo immenso, per il quale la Torrès avrebbe meritato
premi che non sono arrivati. La Venere nera si esibisce come un animale
ammaestrato, la gente tocca le enormi natiche, la cavalcano come un asino, la
frustano fino a imporle un erotismo morboso, assai
diverso dal suo. E Yahima Torrès non ha certo avuto controfigure.
Pensare che quello sia stato il suo primo ruolo, e guardarla sorridente, le
treccine rigide all'insù, bere un cappuccino, sembra impossibile: come il fatto
che nessuno le abbia poi offerto altre parti. Kechiche ha detto d'averla scelta
proprio per questa leggerezza. Lui sapeva molto bene che dal ruolo della Venere
Ottentotta un'attrice - e una donna - tormentate non sarebbero uscite indenni.
Sophia Castello, venere hard del 3° millennio 4 |
s
Avviso ai naviganti. Poiché per motivi tecnici e di visione uso un monitor da 32 pollici ad alcuni il Blog sembra gigantesco! Ma non è così, basta andare sulla barra in alto del Browser (Explorer, Firefox, Opera, Crome ecc.) e sotto la voce Visualizza scegliere lo zoom del proprio monitor 70% - 80% ecc Ok!
RispondiEliminaQuerido Gabry,
RispondiEliminainformar a ustedes un extracto del Castillo Interior de Santa Teresa de Ávila a decir que los santos hacen el amor a los ángeles. Son de Zaragoza y profesor de literatura española. Deja un comentario o enviarme un e-mail. Realmente aprecio su blog. Hola!
"Pude ver en sus manos un dardo de oro largo, que la punta de hierro me parecía tener un poco de fuego. Configgesse parecía a mí varias veces en el corazón, tan profundamente que llegué hasta la médula, y cuando me sacó pareció quitársela y me dejó todo en el fuego del amor de Dios herida dolor era tan agudo que estaba emitiendo gemidos, pero era tan grande la dulzura que me inculcó este dolor inmenso, que no había fin al deseo, ni el alma podía darse por satisfecho de que Dios no es un dolor físico, sino espiritual, aunque el cuerpo no deja de participar un poco ", y no mucho. Se trata de un romance tan dulce que tiene lugar entre el alma y Dios, te suplico la divina bondad que hacer así que trate de pensar que miento ".
Caro Gabry,
riporto per te uno stralcio del Castello interiore di S. Teresa d’Avila per dirti che anche i santi fanno l’amore con gli angeli. Sono di Saragozza e insegno letteratura spagnola. Mandami un commento o la tua mail. Apprezzo molto il tuo Blog. Ciao!
“Gli vedevo nelle mani un lungo dardo d’oro, che sulla punta di ferro mi sembrava avere un po’ di fuoco. Pareva che me lo configgesse a più riprese nel cuore, così profondamente che mi giungeva fino alle viscere, e quando lo estraeva sembrava portarselo via lasciandomi tutta infiammata di grande amore di Dio. Il dolore della ferita era cosi vivo che mi faceva emettere dei gemiti, ma era cosi grande la dolcezza che mi infondeva questo enorme dolore, che non c’era da desiderarne la fine, né l’anima poteva appagarsi che di Dio. Non è un dolore fisico, ma spirituale, anche se il corpo non tralascia di parteciparvi un po’, anzi molto. È un idillio cosi soave quello che si svolge tra l’anima e Dio, che io supplico la divina bontà di farlo provare a chi pensasse che io mento”.