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domenica 23 dicembre 2012

Colazione da Tiffany, dopo più di mezzo secolo, incanta e stupisce!








Colazione da Tiffany, dopo più di mezzo secolo, incanta e stupisce!

Un'icona di stile senza tempo per uno dei capolavori intramontabili della commedia americana




Holly è una provinciale - ma molto sofisticata - che vive a New York. Ha frequentazioni di gente di ogni tipo: artisti, ricchi, malviventi. Paul è un giovane scrittore protetto da un'amante più anziana di lui. Holly e Paul abitano nello stesso palazzo. Si conoscono, diventano amici. La ragazza, che mira a sposare un miliardario, passa da una festa all'altra, rincorre il tempo, è fragile, passa da depressioni profonde a esaltazioni sfrenate. Ma non manca mai, la mattina, rientrando da una festa, di far colazione davanti alle vetrine di Tiffany, la leggendaria gioielleria.
Emergono, dal passato di Holly, scheletri e fantasmi, ma sono solo frutto della sua ingenuità. E comunque, sposare un ricchissimo messicano cancellerà tutto. Ma



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il magnate si tira indietro. A Holly rimane Paul, che l'ama davvero, e forse anche lei contraccambia. Alla fine i due si abbracciano nella pioggia scrosciante.
Un classico della commedia americana, ma con tanti valori aggiunti, a cominciare da Truman Capote, autore del romanzo. Il film, nei decenni, è diventato un sempreverde. Anche se molti episodi e caratteri sono di maniera e scontati, qualche magia continua ad essere dispensata. A cominciare da Audrey Hepburn, nevrotica e insicura, da proteggere e scusare. Un personaggio certo datato, ma trasferibile decennio dopo decennio anche ai caratteri contemporanei, dove vale più che mai lo smarrimento e la ricerca di un'identità. C'è poi la canzone Moon River di Henry Mancini, diventata uno dei grandi temi abituali del cinema, sempreverde, appunto, e frequentatissimo.
E poi Tiffany: impari, per esempio, che lì puoi comprare anche spendendo solo dieci dollari. Nessuna agenzia pubblicitaria, e nessun budget avrebbero potuto valere la "testimonial" Hepburn, davvero una delle attrici e dei personaggi più significativi del cinema e del secolo, capace, come forse nessuna, di dettare mode e comportamenti, e sogni. Il titolo, in cassetta o DVD, continua ad essere nelle classifiche dei noleggi, e non è davvero frequente per un film di quel periodo. Anche questo è un segnale. 






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Colazione con Audrey


New York; una giovane donna fasciata da un tubino nero, occhiali da sole e sacchettino di carta in mano, cammina con grazia e leggerezza all'ombra dei palazzi della Fifth Avenue. Questi, marmorei e biancastri, troneggiano impassibili ed immuni ai turbamenti (o paturnie) della vita d'ogni persona. In particolare Tiffany & co., gioielleria nella quale "pare che nulla di male possa mai accaderti" è la meta della nostra Holly, la quale, estratti croissant e bibita dal sacchetto, osserva la vetrina mentre consuma la sua colazione. Così si apre "Colazione da Tiffany", film nell’olimpo dei più cult di tutti i tempi. Quando 



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nell’autunno del 1960 Audrey Hepburn decise non senza molti dubbi (aveva da poco partorito il suo primo tanto desiderato figlio) di partecipare alla trasposizione cinematografica del film tratto dall'omonimo romanzo di Truman Capote, compì quella scelta che l'avrebbe legata per sempre alla paradossale – cinica –sognatrice - adorabile Holly Golightly. Holly è una sofisticata donna di New York che tra party e visite a Sing Sing ha un solo mero obiettivo: farsi sposare da un qualche ricco sfondato. Abita in un pratico appartamento con un gatto senza nome, dorme con i tappi per le orecchie, chiama i taxi con un fischio e veste scintillanti capi alla moda; poco gli interessano gli altri e forse poco gli interessa anche la sua quotidiana routine, patinata solo all’apparenza. Un giorno Paul (George Peppard), scrittore alle prime armi ed in cerca di idee e tranquillità, si trasferisce nello stesso palazzo, ma dopo la conoscenza di Holly si accorgerà che con lei vicina il suo mestiere non gli era mai sembrato così difficile. In mezzo alle luci ed ai rumori di New York, tra strade trafficate e chiassosi interni si svolge



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l'amicizia dei due e la ricerca della propria compiutezza personale di Holly. "Colazione da Tiffany" è più di un film ed in esso Audrey Hepburn è più di un attrice. Insieme fanno moda e tendenza, così come di tendenza erano i magnifici abiti ideati appositamente per Audrey dal celebre stilista Hubert de Givenchy, che si aggiungeva alla schiera di nomi famosi legati alla produzione quali Blake Edwards, Truman Capote e Henry Mancini. Le locandine del '61 certo non peccarono di superbia quando inneggiarono ad un film che sarebbe stato "eternamente chic". Quante cose infatti ancora oggi appaiono inscindibilmente legate ad esso: il lunghissimo bocchino per sigaretta che usa Holly, il magnifico tubino nero disegnato da Givenchy, l'indimenticabile "Moon river", motivo principale della colonna sonora di Mancini, la stessa casa di gioielli di Tiffany & co., che ottenne una pubblicità non superabile neppure dai moderni media. Ed ancora Audrey Hepburn, in una delle più famose e celebrate interpretazioni della storia del cinema. Infine quella scena del bacio sotto la



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pioggia: magica, superba, cristallizzata nelle languide note di "Moon river" che paiono trasmettere allo spettatore una sensazione di eternità. L'eternità dell'avvicendarsi delle paturnie e della felicità, del sole e degli acquazzoni, l'eternità di un film davvero unico.


L'insostenibile leggerezza dell'essere


Sullo sfondo di una New York "Eldorado", simboleggiata dai bagliori e dai brillanti del lussuoso negozio di Tiffany incastonato nel titolo, si dipana la storia d'amore tra uno scrittore esordiente e squattrinato, Paul, e una giovane "senza origini" (Holly-Lulamy), che mira alla ricchezza tanto quanto tiene alla propria libertà interiore. Giocato sul filo dell'ironia e della satira leggera per gli stereotipi della commedia sentimentale della società dorata (l'amore impossibile, ma coronato da lieto fine, tra il letterato mantenuto da una ricca attempata signora e la giovane a caccia di un marito facoltoso, tra party e serate alla moda), il film disegna



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una trama leggera come un origami, in cui i personaggi sanno vivere con grande intensità pur senza mai cedere alla dimensione drammatica dell'esistenza. Passioni, emozioni, scelte controcorrente e problematiche, matrimoni e separazioni, tragedie familiari, persino guai giudiziari che li vedono coinvolti vengono affrontati ogni volta con un senso della misura e del provvisorio, che tanto rassicura gli spettatori, guidati sapientemente alla serena consapevolezza che tutto si risolverà, purché gli si dia il giusto peso. Nessuna porta, anche sbattuta con violenza, si chiude per sempre: perché di irrevocabile, al mondo, c'è davvero soltanto la morte. Da questa consapevolezza, la breve ma intensissima lettura della vita che ogni film s'incarica di ritagliare nel caso specifico diventa una sorta di guida a riscoprire la fondamentale dimensione leggera dell'essere (insita nella sostanziale evanescenza e irripetibilità della singola



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esistenza). Come vorremmo tutti poter sempre ricordare, per noi e per gli altri anche nel consumare le nostre, personali e quotidiane, molto spesso più modeste "Colazioni".


Il rifugio nelle proprie paturnie


"Moon river, wider than a mile, I'm crossing you in style some day..." Indimenticabili le note di Moon River che accompagnano Audrey Hepburn in Colazione da Tiffany, con il suo incomparabile stile che rappresenta di certo la forza di ogni donna persa nelle proprie paure, che si costruisce un inespugnabile scudo attraverso la sua



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originalità per non affrontare mai situazioni che possano metterla in discussione. La sua eleganza, il suo entusiasmo e le sue strane manie e il caos in cui vive la aiutano a costruirsi quella gabbia di cui parla George Peppard, sicuramente protettiva e luccicante in superficie ma mortifera e costringente all'inettitudine in fondo. E così se Holly non avesse mai incontrato quello scrittore (anch'egli solo e incapace di imporsi nel mondo), con tutta probabilità sarebbe rimasta davanti alle vetrine di Tiffany a sognare per il resto della sua vita, senza poter entrare e comprare nulla di quei sogni, senza poter afferrare la propria, vera, libertà. Non la tanto sbandierata da lei stessa indipendenza dai sentimenti e dalle opinioni della massa, nè la ricchezza ridicola e cieca che ricercava pur sapendo trattarsi di un 



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vicolo cieco, quanto la libertà e il coraggio di amare e farsi amare semplicemente per com'era. E forse molti di noi riscontrano di assomigliare un pò a questa strana ragazza, soprattutto in quei momenti della vita in cui mostrare la nostra vera identità e il nostro reale carattere sembra farci vergogna e così preferiamo avere come scusa davanti agli altri le nostre paturnie, le nostre fisse, i nostri gusti così fuori dal comune, per non lasciare trasparire le nostre insicurezze e le nostre paure. Ma a volte invece sono proprio quelle cose che tendiamo a celare che ci danno fascino e spensieratezza. E così andrebbe in effetti vissuta la vita, proprio come canta Holly su quel davanzale, andrebbe navigata ad esplorata in lungo e in largo con 



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il nostro proprio stile, e forse le cose belle che ci portiamo dentro potrebbero giungere a qualcuno che, come un apparente anonimo Paul Varjak, non solo le capisce e le apprezza, ma le esalta fino a farci uscire da quel taxi perso in mezzo al traffico del mondo per poi farci ritrovare ciò che veramente conta nella vita che si riassume in quel senza tempo bacio sotto la pioggia.

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1 commento:

  1. Gabry, tu che mi capisci, lo vedi questo bacio immortale, ma vero non da celluloide, per un bacio così farei qualsiasi cosa. Sono stanca di nuovi incontri, appuntamenti mancati, mariti assenti e amanti fedigrafi. Voglio una storia vera, a tutti i costi, non tante storie con la somma di niente.

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