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sabato 30 marzo 2013

L’amigdala destra ama più di quella sinistra! (2 parte) - (M. Grazia Cucinotta)





L’amigdala destra ama più di quella sinistra!


Si è visto come si attiva l’amigdala destra se si pone la foto di una persona cara e innamorata agli occhi di un cervello split-brain. (Esperimenti di R. Sperry e M. Gazzaniga 2° parte)


Grazie allo studio di questo gruppo, gli scienziati ora sanno che il cervello sano può somigliare a una coppia di macchine nettamente diverse, cablate fra loro e costantemente impegnate a scambiarsi torrenti di dati. Ma una volta tagliato il cavo primario, l’informazione – parole, oggetti, immagini – presentata a un emisfero viene ignorata dall’altro. Michael Gazzaniga, studioso dei processi cognitivi all’Università della California a Santa Barbara, e «grande vecchio» della moderna ricerca sui cervelli divisi, dice che, anche dopo mezzo secolo di lavoro con questi pazienti, ancora prova un brivido quando osserva gli effetti dell’interruzione del collegamento.





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«Ti trovi con un paziente dal cervello diviso che fa una delle solite cose – gli fai vedere un’immagine e lui non sa dire di che si tratta. Però riesce a pescare proprio quell’oggetto da una sacca piena di cose», dice Gazzaniga. «Il cuore ti balza in gola!» L’idea di una dicotomia della coscienza ha colpito il grande pubblico, ed è stata fortemente esagerata nella nozione di «cervello destro creativo»
Il lavoro con questi pazienti ha evidenziato le differenze tra i due emisferi, rivelando per esempio che in genere l’emisfero sinistro ha il ruolo guida per l’elaborazione della parola e del linguaggio, mentre quello destro è specializzato nel trattamento dello spazio, nel riconoscimento dei visi e nell’emotività. «Questo lavoro ci ha fatto vedere che tutti e due gli emisferi sono assai competenti nella maggior parte delle cose, ma ci presentano due istantanee assai diverse del mondo», dice Richard Ivry, direttore dell’Institute of Cognitive and Brain Sciences dell’Università della California a Berkeley.





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L’idea di una dicotomia della coscienza ha colpito il grande pubblico, ed è stata fortemente esagerata nella nozione di «cervello destro creativo». Ma le ulteriori ricerche condotte sui pazienti con il cervello diviso hanno dato un quadro più ricco di sfumature. Il cervello non è fatto come un computer, con sezioni specifiche dell’hardware incaricate dell’esecuzione di certi compiti. È più simile a una rete di computer connessi da enormi e attivissimi cavi a banda larga.





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La connettività tra le regioni attive del cervello si sta rivelando altrettanto importante, se non di più, delle operazioni svolte dalle sue singole parti. «Nei pazienti dal cervello diviso, si vede l’impatto che può avere lo scollegamento di un’enorme porzione della rete, senza che siano danneggiati i singoli moduli specifici», dice Michael Miller, psicologo dell’Università della California a Santa Barbara.
David Roberts, primario di neurochirurgia al Dartmouth-Hitchcock Medical Center di Lebanon, New Hampshire, che ha operato alcuni dei pazienti di questo gruppo e lavorato in stretta collaborazione con Gazzaniga, trae un’importante lezione dalle ricerche su questo tema.





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«Nelle facoltà di medicina, e nella scienza in generale, si sottolinea moltissimo l’importanza dei grandi numeri, degli esami di laboratorio, della diagnostica e della significatività statistica», dice Roberts – tutte cose cruciali quando si tratta, diciamo, di valutare un nuovo farmaco. Ma il gruppo dei pazienti split brain gli ha fatto prendere coscienza di quante cose si possono capire a partire da un caso singolo. «Ho imparato, alla fine, che un singolo individuo, studiato bene e riflettendoci sopra, può consentirci di trarre conclusioni che si applicano a tutta la specie umana», dice.





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Le tecniche di imaging cerebrale oggi sono divenute il modo più usato per osservare le funzioni cerebrali, rendendo superfluo, secondo molti ricercatori, lo studio dei pazienti split brain. Ma non tutti sono d'accordo.
Oggi, i pazienti dal cervello diviso sono sempre più avanti negli anni; qualcuno è morto, uno ha avuto un colpo apoplettico, e in generale l’età li ha resi meno capaci di sopportare lunghe e impegnative sessioni di osservazione e concentrazione. L’intervento, già molto raro, è stato soppiantato da farmaci e procedure chirurgiche meno drastiche.





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Nel frattempo, le tecnologie di visualizzazione dell’attività cerebrale sono divenute il modo più usato per osservare le funzioni cerebrali, dato che gli scienziati possono semplicemente osservare quali aree sono attive durante l’esecuzione di un compito. Si è visto come si attiva l’amigdala destra se si pone la foto di una persona cara e innamorata agli occhi dei un cervello split-brain. Viceversa l’attivazione dell’amigdala di sinistra, con un valore inferiore di grandezza rispetto alla destra, produce meno neuro - trasmettitori nel torrente sanguigno nei confronti della destra.
Per Miller, Ivry e Gazzaniga, però, i pazienti dal cervello diviso in due restano una risorsa inestimabile. Le tecniche di visualizzazione possono confermare, per esempio, che il lato sinistro del cervello è più attivo di quello destro nell’elaborazione del linguaggio.





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Ma questo trova un’illustrazione plastica nei pazienti split brain, che possono non essere in grado di leggere ad alta voce una parola come «padella» quando la si presenta all’emisfero destro, ma sono in grado di indicarne esattamente il disegno. «Questo ci da il senso di una capacità di lettura dell’emisfero destro, che però non può accedere al sistema motorio per produrre il parlato», dice Ivry. «La visualizzazione dell’attività cerebrale è utilissima per dirci dove succede una cosa», aggiunge, «ma il lavoro con i pazienti può dirci come succede».



2 commenti:

  1. Caro Gabry,
    sono Nadia Luciani, ti propongo un estratto dal mio blog sulla Donna senza paura. Ottimo Blog il tuo, scoperto da poco. Mi piace un casino. In bocca al lupo. Sei bello mi piaci. Forse siamo della stessa età. Un bacione. Tua Nadia57.
    “La paura ci guida, infatti, nella distinzione degli eventi positivi da quelli negativi ed è fondamentale per riuscire ad evitare situazioni pericolose per la nostra incolumità.
    Purtroppo una 43enne americana, di cui si conoscono soltanto le iniziali del nome (S.M.), non dispone di questa capacità da quando aveva soltanto dieci anni. La signora, a causa di una rara malattia genetica, l’ipoproteinosi di Urbach-Wiethe, non riesce a provare l’emozione della paura. Non c’è alcuna situazione che la spaventi, anche le esperienze più pericolose e traumatiche non riescono a suscitare in lei questa emozione.
    La scioccante scoperta è opera del dottor Justin Feinstein dell’Università dell’Iowa, che ha esaminato il caso della signora e ha pubblicato i risultati dello studio sulla rivista scientifica Current Biology.
    L’equipe di ricercatori che ha esaminato questo bizzarro caso, ha sottoposto la donna a test molto particolari: innanzitutto le è stata fatta visitare la “casa delle streghe” più terrificante al mondo, poi è dovuta restare da sola in un negozio di rettili e ragni, che sembra abbia addirittura accarezzato ed, infine, è stata obbligata a visionare alcuni film horror di singolare brutalità.” Nadia Luciani

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  2. Gabry, sono Giovanna Lapenna, insegno Storia dell’Arte. Adoro il tuo Blog ricco, preciso e puntuale in tutto. Perfino nei Gossip che accetto per il Promo! Spettacolare i post sull’amore. Spero che la foto postata sia reale e non uno pseudonimo. Se quello che scrivi è vero, devi aver conosciuto molto bene l’amore! Eppure io leggo che questo bisogno di esternarlo è indice di insoddisfazione. Vorrei parlarti da vicino, ho la pretesa di sentire solo dai gesti e dal tono della voce quello che ti brucia dentro. Rispondimi a riguardo, se puoi, ci conto. Ho dato il tuo accesso alle mie amiche, penso ti faccia piacere. Prima ne parlavamo tra di noi quando se ne presentava l’occasione, ora se ci vediamo commentiamo i tuoi fraseggi. I post sono belli, ma “Pensieri e parole” sono personali, sono troppo diretti, colpiscono subito, sono più vissuti! Ecco perche abbiamo deciso di commentarli, a me il compito di esternare i nostri pensieri. Ti bacio!

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